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Gambiano arrestato a Napoli per terrorismo: “Soldato di Dio, sento la voce di Allah”

Progettava attentati, non in Italia ma in un altro Paese dell’Europa. Ed era così radicalizzato da sostenere di sentire “la voce di Allah” e si definiva “soldato di Dio”. Emergono gli elementi che hanno portato all’arresto del gambiano Sillah Osman. Insieme al connazionale Alagie Touray, arrestato ad aprile a Licola, sarebbe stato addestrato in Libia dove avrebbe giurato fedeltà allo “Stato islamico”.
A cura di Redazione Napoli
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In foto Alagie Touray, arrestato a Napoli ad aprile
In foto Alagie Touray, arrestato a Napoli ad aprile

Sillah Osman, il cittadino del Gambia fermato a Napoli nel corso di un'operazione antiterrorismo di Polizia di Stato e carabinieri del Ros ha detto che «sentiva la voce di Allah». E che si se sentiva un «soldato di dio» I fatti emergono durante il briefing con la stampa in Procura per illustrare le motivazioni che hanno portato all'arresto del 34enne africano. Sillah avrebbe manifestato un profilo psicologico particolarmente incline ai dettami dell'Isis. "Insieme all'altro gambiano preso lo scorso 20 aprile davanti ad una moschea a Licola, nel napoletano, ha sostenuto un duro addestramento durato due mesi in Libia durante il quale ha sviluppato tecniche terroristiche, capacità nell'uso delle armi, resistenza alla fame, alla sete e alla paura, in un contesto particolarmente difficile qual è il deserto libico". "L'addestramento – ha spiegato procuratore di Napoli Giovanni Melillo –  spesso interrotto dalle incursioni militari degli eserciti anti-Isis".

Si incrociano dunque due vite, due possibili pericoli per l'Italia. Alagie Touray, 21 anni, preso lo scorso 20 aprile davanti alla moschea di Licola, nel Napoletano, e Sillah Osman, di 34 anni, fermato nei giorni scorsi a Napoli – facevano parte di un gruppo di 14-15 persone, tutte originarie del Gambia, che dopo la radicalizzazione religiosa nel loro Paese, sono giunti in Libia per sostenere un duro addestramento concluso con il giuramento al sedicente Stato Islamico.  "Non stava preparando attentati in Italia ma dalle indagini è emerso che c'era un progetto importante che, verosimilmente, doveva essere eseguito in altri Paesi europei" spiegano gli inquirenti.  Melillo, insieme al  direttore della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione Lamberto Giannini e al comandante del Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri generale Pasquale Angelosanto, ha spiegato che nel campo di addestramento libico confluivano soggetti provenienti da diversi Paesi (Egitto, area sub sahariana) che venivano classificati e poi preparati per svolgere tre ruoli: combattente per Isis negli scenari di guerra del sedicente Stato Islamico; kamikaze, con l'obiettivo di preparare attentati e farsi esplodere e, infine, soldato dell'Isis con l'opzione del suicidio, ovvero pronto a farsi esplodere ovemai richiesto. Gli investigatori si sarebbero realmente preoccupati in un solo momento: quando il gambiano – qualche settimana fa – si è aggregato a una processione religiosa, in una località pugliese. Era seguito dai poliziotti e dai carabinieri i quali hanno temuto che stesse per entrare in azione. Alla fine, però, ha abbandonato la processione.

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