Ucciso nella sua auto a Miano, indagini sulle amicizie di Alessandro Napolitano
Un omicidio studiato, pianificato, eseguito con modalità che portano la firma della camorra. Ma l'agguato in cui è stato ucciso Alessandro Napolitano, il 30enne napoletano trovato morto nella sua automobile nella serata di ieri, 28 novembre, potrebbe avere una spiegazione diversa. Una chiave di lettura che si distaccherebbe dalla malavita organizzata ed entrerebbe nella sfera privata del ragazzo: a premere il grilletto sarebbe stata la batteria di fuoco di un clan, ma per motivi che con le guerre di camorra non c'entrano. Gli inquirenti, in questa fase iniziale delle indagini, hanno ascoltato i familiari della vittima e acquisito il telefono cellulare, alla ricerca di telefonate e messaggi che possano essere utili per capire chi ha ucciso Alessandro e perché.
L'agguato in macchina davanti casa
Chi ha ammazzato il 30enne lo conosceva bene, e aveva studiato le sue abitudini. Ha aspettato che chiudesse il bar Azzurro, che gestiva insieme al fratello, e sapeva dove sarebbe andato subito dopo. Ha atteso che fermasse l'automobile davanti al cancello dell'abitazione della madre, in via Cupa Capodichino, a Miano, per entrare in azione. Presumibilmente c'erano due killer, su una moto: appena l'autista si è fermato, l'altro è sceso e ha cominciato a sparare. Almeno cinque colpi, tre dei quali sono andati a segno: uno alla gamba e gli altri due, quelli fatali, alla testa e al collo.
Il quartiere: "Alessandro era un bravo ragazzo"
Ucciso come un boss, anche se Alessandro Napolitano non risulta essere affiliato, tantomeno ai vertici, di nessun clan. A Miano, e nel vicino rione Gescal, lo conoscevano tutti. Sempre un sorriso, una parola gentile, educato, sia quando era al bar sia quando incontrava qualcuno per strada. E chi lo ricorda non riesce a credere che sia stato ucciso in quel modo. Le indagini sono affidate alla Polizia di Stato, che da ieri sera stanno vagliando tutte le ipotesi per trovare la soluzione di quello che al momento sembra un rebus.
La pista dei motivi personali
Al momento non si può escludere nessuna pista, nemmeno che il giovane avesse cercato di inserirsi in affari illegali pestando i piedi di qualcuno, ma finora non sono emersi riscontri in questo senso. C'è una seconda ipotesi che sta guadagnando spazio: a uccidere il ragazzo potrebbero essere stati sì dei sicari di camorra, ma per motivi che con avrebbero a che fare con la malavita organizzata. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire gli ultimi giorni del ragazzo e soprattutto le sue frequentazioni, per capire se l'agguato possa essere stato determinato da dinamiche personali e passionali.