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L'omicidio di Ugo Russo a Napoli

‘Ugo? Io rapino da quando avevo 13 anni. Chi lo fa sa che può finire così’

Ai microfoni di Fanpage.it un ragazzino di una “paranza” napoletana racconta il suo modo di vivere, la sua strada che finisce “o in carcere o al cimitero”. Le giornate trascorse alla ricerca di qualcuno da rapinare, per poi sperperare i soldi in viaggi, marijuana e vestiti costosi. Sulla morte di Ugo Russo, commenta: “Io lo accetto. Bisogna mettere in conto che possa succedere”.
A cura di Nico Falco
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La prima rapina, quando aveva appena 13 anni. Ciro, nome di fantasia, inizia così il suo racconto ai microfoni di Fanpage.it. Una vita al limite, sapendo che il destino, per chi sceglie di proseguire su questa strada, è segnato: si finisce in galera o al cimitero. A 13 anni quella consapevolezza non ce l'hai, ti senti invincibile, ma poi la maturi e non puoi più fare finta di niente. La vita di Ciro prosegue tra giornate sempre uguali, alla ricerca dell'adrenalina e del guadagno facile: la ricerca delle vittime da rapinare, insieme alla sua "paranza" di ragazzini violenti come lui, qualche migliaio di euro da bruciare in marijuana e cocktail, i vestiti costosi e le scarpe da 1.500 euro e i viaggi. Perché, spiega, se non spendi è inutile avere denaro, è come se non l'avessi: "I soldi non li devi conservare, te li devi mangiare, perché poi, se finisci in carcere, che te ne fai?".

Eccola qui, una delle tante facce di Napoli. Quella più nascosta ma più rumorosa. Da spazzare come la polvere sotto il tappeto, per fare finta che non esista, fin quando non arriva come uno sputo in pieno viso: un ragazzino di 15 anni che viene ucciso durante una rapina, ferito a morte da un carabiniere che si è trovato una pistola puntata in faccia. Alle nostre telecamere Ciro mostra il denaro dell'ultima rapina, 800 euro. Ovvero, il doppio di quanto guadagnano in un mese tanti coetanei che si fanno spaccare la schiena tra bar, negozietti, pizzerie: tutto a nero, per quattro foglietti verdi, senza nessuna tutela. Ottocento euro che sono le sirene di Ulisse, sono un richiamo che può diventare irresistibile, a volte l'unica è infilarsi i tappi nelle orecchie e farsi legare all'albero maestro.

Parlando della morte di Ugo Russo, Ciro ritorna su quel fatalismo che sembra segnare la sua vita: o in galera, o morto. "Io lo accetto – dice – bisogna mettere in conto che possa succedere". La prima volta che ha sparato, Ciro, l'ha fatto perché ha avuto paura. Stava rapinando un uomo, ma anche quello era armato. In quei momenti si è sentito passare da carnefice a vittima, ma è durato poco: la rapina è andata a segno, è sparito un mese da Napoli per paura di essere arrestato e, quando è tornato, ha ripreso: "Mi sentivo più forte di prima". Era tornato carnefice.

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