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Un mese fa moriva l’agente Pasquale Apicella. La moglie: ‘La mia vita finita quella notte’

Un mese fa, nella notte del 27 maggio, moriva in un incidente stradale l’agente scelto Pasquale Apicella, centrato dall’automobile di una banda di ladri in fuga mentre interveniva in supporto dei colleghi per un tentativo di rapina in banca. A distanza di un mese il toccante messaggio della moglie Giuliana: “Un mese fa iniziava il mio inferno”.
A cura di Nico Falco
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"Un mese fa, in questo momento, la mia vita si è fermata. In questo momento ha suonato il citofono". Comincia così il lungo post di Giuliana Ghidotti, la moglie di Pasquale Apicella, il poliziotto morto la notte del 27 aprile mentre cercava di fermare una banda di rapinatori che aveva appena tentato un furto in banca: stava arrivando in supporto dei colleghi quando l'Audi A6 in fuga ha centrato la volante, uccidendolo. Giuliana fu avvisata qualche ora dopo l'incidente. Intorno alle 7 del mattino di un mese fa o, come sottolinea in un altro breve post, "30 giorni, 720 ore, 43.200 minuti, 2.592.000 secondi".

Un colpo di citofono e, insieme ai poliziotti, salì in casa il dirigente del commissariato di Secondigliano, Giovanni De Stefano. Ancora una volta la ragazza affida a Facebook i suoi ricordi, proseguendo quello che è diventato il suo diario personale, come per continuare a parlare col marito scomparso. "Un mese fa in questo momento il mio cuore si é fermato – scrive Giuliana –  perché anche se non lo sapevo il tuo si era già fermato da qualche ora. Un mese fa in questo momento tutto ha cessato di essere e ogni cosa bella ha perso valore. Un mese fa in questo momento la mia vita é finita. Un mese fa in questo momento la terra sotto i miei piedi ha tremato ed è scomparsa ed io ho iniziato la caduta libera nell'abisso della disperazione".

A tenere ancora piedi Giuliana, però, è l'amore per i due figli, la più piccola di appena quattro mesi, che da quella notte sono rimasti orfani. Il più grande, da allora, continua a chiedersi perché non potrà rivedere il padre.

Non ho ancora toccato il fondo,sono ancora in caduta libera, ma in questa caduta, sappi amore mio, che tengo stretti i nostri bimbi.
É per loro che ogni mattina mi sveglio, é per loro che nonostante il cuore in pezzi e la paura di affrontare questa vita senza te, continuo a respirare.
Un mese che mi nutro dei ricordi, che anche se mi dilaniano l'anima sono quello che rimane, un mese che ti cerco avida in ogni angolo della casa.
Un mese che aspetto un tuo segno che mi faccia capire che in questa missione io non sia sola, ti cerco in ogni respiro, in ogni sguardo e in ogni risata dei nostri gioielli.
Un mese che ascolto nostro figlio che mi dice ‘ Voglio Babbo, mi manca Babbo, perché non possiamo vederlo mai più, perché é successo a noi?'.
Un mese che non ho risposte, e allora lo abbraccio e lo stringo e lui finalmente l'altro ieri ha pianto, abbiamo pianto insieme, abbracciati,la nostra disperazione per la tua assenza.
Un mese di vuoto, di risate mancate, un mese di felicità scomparsa.
Un mese di disperazione, rabbia e disperazione.
Un mese fa in questo preciso istante iniziava il mio inferno.

Oggi la Polizia di Stato ha voluto ricordare Lino Apicella pubblicato sui social un ritratto fatto da un collega americano, il poliziotto e disegnatore Jonny Castro, che ritrae l'agente napoletano sorridente e in divisa al momento del giuramento. A collegare i due agenti oltre la professione c'era anche la vena artistica: Lino era un appassionato di tatuaggi ed un bravo tatuatore.

I criminali della banda di ladri sono stati tutti arrestati: due erano rimasti bloccati in automobile per l'incidente ed erano stati presi subito, gli altri due erano invece stati rintracciati poche ore dopo. Qualche giorno fa il Tribunale del Riesame ha confermato la qualificazione giuridica della Procura: l'accusa è di omicidio volontario per tre dei rapinatori, che erano nell'automobile; unico scarcerato il quarto, che risponde solo di favoreggiamento e dei due tentati furti in banca in quanto, al momento della fuga che portò all'incidente, era stato lasciato a piedi dai complici e non era quindi nell'automobile al momento dello schianto fatale.

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