Vigilante morto dopo aggressione in Circumflegrea. La famiglia: “Vogliamo giustizia”
«Mio padre non c'è più, voglio giustizia». Lina a cinque mesi dalla morte del padre non si arrende e lotta. Gennaro Schiano, guardia giurata di 64 anni, è morto lo scorso 9 settembre, dopo essere stata aggredito di ritorno dall'orario di lavoro da un ragazzino, a Pianura. Il giovane di 19 anni, pare dopo aver ricevuto un no alla richiesta di consegnargli tutti i soldi che aveva, ha sferrato una ginocchiata al capo. Il vigilante è poi caduto a terra battendo la testa.
La guardia giurata trasportata da un'ambulanza del 118 all'ospedale San Paolo, dove i medici gli hanno curato ferite lacero-contuse poi, tornato a casa, il 64enne si era sentito male ed era stato portato d'urgenza all'ospedale Cardarelli, dove aveva subito una delicata operazione al cervello. Il giovane, racconta l'avvocato della famiglia Schiano Celestino Gentile, era stato prima imputato per lesioni dolose poi, dopo la morte dell'uomo, gli era stato contestato l'omicidio preterintenzionale. Una successiva perizia disposta dal Pubblico Ministero aveva però sottolineato come il calcio non avrebbe causato la morte di Gennaro Schiano. Motivo per cui oggi, il giovane è imputato per lesioni dolose. Il suo avvocato ha inoltre chiesto che si procedesse secondo il rito abbreviato. La figlia dell'uomo Lina, chiede disperatamente giustizia.
«Quello che chiedo, spiega Lina a Fanpage.it, è che si celebri un processo non per lesioni dolose ma per omicidio. Purtroppo nessuno potrà far tornare il mio caro papà. Voglio che questo ragazzo risponda di quello che ha fatto». Nella perizia del medico legale di parte, fornita a Fanpage.it dalla famiglia Schiano si legge che "si ritiene di poter affermare che il decesso avvenuto in data 09/09/18 sia direttamente riconducibile al trauma patito in data 08/05/2018 e che a seguito di tale evento comunque si realizzò una malattia certamente o probabilmente insanabile ed una permanente e grave difficoltà nella favella». «Chiediamo solo giustizia niente di più», continua Lina. La parola ora spetta al tribunale con il processo che inizierà venerdì.