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Cos’è la Cella zero del carcere di Poggioreale e perché i detenuti denunciarono pestaggi

La cella zero era la cosiddetta “stanza delle torture” nel carcere di Poggioreale a Napoli. Dopo il servizio di Fanpage.it, nel 2014, è stata avviata un’inchiesta. Nel 2015 la procura della Repubblica di Napoli iscrisse nel registro degli indagati quattro persone, tutti agenti di Polizia Penitenziaria, dopo una serie di denunce di detenuti.
A cura di Gaia Bozza
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«Erano le dieci e mezza di sera. All'improvviso, senza motivo sono stato portato giù nella cella zero: le guardie mi hanno fatto spogliare nudo, mi hanno picchiato, mi hanno umiliato». A Fanpage.it all'inizio del 2014, parlò in esclusiva un ex detenuto del carcere di Poggioreale che, con la Garante dei Detenuti della Campania, aveva sporto denuncia. Pareti sporche di sangue e maltrattamenti. A quella denuncia ne sono seguite altre: due, tre, quaranta, settanta e oltre; è la "cella zero", l'inferno di Poggioreale. E dopo la nostra inchiesta, si sono moltiplicate, arrivando a 150.

La cella zero era la stanza delle torture: «Una cella del piano terra dove ti puniscono, ti picchiano, è isolata da telecamere e da tutto» spiegava ai  nostri microfoni il detenuto, al quale, oltre ai lividi, era stato perforato un timpano. La sua denuncia, con altre 40, finì sul tavolo della Garante dei Detenuti Adriana Tocco e alla Procura di Napoli.   Nel merito, ai microfoni di Fanpage.it era intervenuta anche la Garante: «Davanti a queste denunce io ho il dovere di portare tutto all'attenzione della magistratura.- dichiarò -. È un reato penale grave e ovviamente devo comunicarlo nel frattempo al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria».  Dopo il nostro servizio e le denunce presentate in Procura dalla Garante Tocco,  fu aperta un'inchiesta, che ne accorpò anche un'altra, nata dalla denuncia di Pietro Ioia, dell'associazione ex detenuti napoletani. L'effetto immediato del clamore mediatico fu il cambio ai vertici del carcere, dal direttore Teresa Abate al direttore sanitario a quelli della polizia penitenziaria. Ora l'inchiesta dà i primi frutti. E ci sono indagati.

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Anche l'associazione Antigone Campania intervenne pesantemente sul caso: "Il sistema Poggioreale (sovraffollamento, trascuratezza, maltrattamenti, ndr) può alimentare la violenza", affermava Mario Barone, presidente dell'associazione in Campania, ai nostri microfoni. E Rita Bernardini, dei Radicali, anche lei da anni in prima linea su questo argomento, a gamba tesa sintetizzò così: «La cella zero? Lo sappiamo da anni, è sempre lì». Su Fanpage.it, solo pochi mesi prima, avevamo affrontato il caso di Federico Perna, un ragazzo uscito morto dal carcere di Poggioreale, una vicenda con tantissimi lati oscuri ancora da chiarire.

L'inchiesta della procura di Napoli

L'inchiesta della Procura di Napoli, condotta dai procuratori aggiunti Valentina Rametta e Giuseppina Loreto e coordinata dal pm Alfonso D'Avino, è molto complessa e ancora in corso, ma come ricorda anche la garante Tocco, ci sono già degli indagati. Al di là della verità giudiziaria, che emergerà, c'è quella raccontata, vissuta, incisa sulla pelle degli ex detenuti. Molti di essi ricordano ancora i soprannomi: Melella, ‘o ciondolo, Zorro, Hulk, Penna Bianca, Hitler, Kojack. "La squadretta era un gruppo fisso di persone – racconta Pietro Ioia -. Ora ho i brividi, la giustizia è più vicina. Tutto ciò che ho detto e denunciato in questi anni è verità. Sulla pelle di tanti detenuti  dolore, sofferenze, umiliazioni e violenze. Ho denunciato queste violenze per anni, le segnalazioni mi arrivavano a grappoli, tutti i giorni; a Poggioreale si è picchiato per trent'anni. Ora l'atmosfera è cambiata, segnalazioni non ne sto ricevendo più. Le guardie indagate non hanno più contatti con i detenuti, non fanno più servizio nei padiglioni, la squadretta è stata smantellata".

Dopo le denunce a Poggioreale, adesso anche l'aria è cambiata nel carcere napoletano. Sono mutati i vertici dell'Istituto, della Polizia Penitenziaria, "ma anche dell'area educativa – ricorda la Garante Tocco –  Che con l'apertura delle celle e l'aumento di varie attività, mi hanno permesso di riscontrare il fatto che non ricevo più denunce, né verbali,  né scritte per abusi e violenze".

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