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Opinioni

Addio a Iolanda, mamma di don Peppino Diana

Si è spenta all’età di 86 anni Iolanda Di Tella, la mamma di Don Giuseppe Diana, ucciso il 19 marzo 1994 a Casal di Principe per il suo impegno contro la camorra. Da allora mamma Iolanda, nonostante il grande dolore, ha portato avanti il lavoro del figlio con costanza e dedizione.
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Quest’anno non ci sarà. Non si affaccerà  al balcone della casa di famiglia per assistere al passaggio degli studenti e degli scout. Non sorriderà a chi griderà alto il nome del suo figlio martire. Non potrà farlo più. Venticinque anni dopo la morte tragica del suo Peppino, don Peppe Diana, mamma Iolanda lo ha raggiunto. E’ morta oggi pomeriggio, sopraffatta dal dolore, dagli acciacchi, dalla malattia che l’ha consumata lentamente. E dal lutto che l’accompagnava dal 19 marzo 1994, appunto un quarto di secolo fa. Come Felicia Bortolotta era stata l’erede e la testimone del messaggio rivoluzionario del figlio Peppino Impastato nella mafiosa Cinisi di don Tano Badalamenti, così mamma Iolanda ha rappresentato il vessillo dell’antimafia più autentica e partecipata nella Casal di Principe di Francesco Schiavone, Cicciotto Bidognetti, Nunzio De Falco: sempre con il volto sereno, sempre affacciata al balcone quando gli altri della stessa strada ancora si chiudevano, quando i morti si contavano a decine, quando quel suo figlio prete veniva ammazzato anche dalle calunnie e dai pettegolezzi. Donna riservatissima, Iolanda Di Tella, che ieri aveva compiuto 86 anni, non ha mai chiuso la porta a un giornalista, un fotografo, uno scrittore, un artista, un semplice studente che saliva le scale per conoscerla, abbracciarla, farsi raccontare di don Peppe e della sua vita di parroco che amava il suo popolo e che perciò non aveva taciuto. Una rivoluzione culturale profonda per una donna del popolo cresciuta in un paese in cui le donne della sua generazione, invece, erano entità invisibili, sorde, mute.

Le ultimi immagini pubbliche la ritraggono a casa, con i figli Marisa ed Emilio, al compleanno di due anni fa, il 17 gennaio. Era andato a trovarla anche l’allora presidente del Senato, Piero Grasso, che l’aveva conosciuta quando era procuratore nazionale antimafia. Le ultime lacrime di commozione quelle raccolte tre anni fa dall’inviato di Avvenire, Toni Mira, al quale, indossando il fazzoletto dell’agisci appartenuto a don Peppe, confidò: “Quando vedo le camicie blu degli scout è come se vedessi Peppino”.

Donna semplice e devota, rassegnata e combattiva, aveva perso un altro pezzo di cuore nove anni fa, con la morte del marito Gennaro, la sua spalla forte e il suo sostegno. Poi il progressivo declino, senza mai perdere dolcezza e compostezza. La sua Casal di Principe, quella che ha contribuito a cambiare in nome del figlio ucciso dalla camorra, la saluterà domani.

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Rosaria Capacchione, giornalista. Il suo lavoro di cronista giudiziaria e le inchieste sul clan dei Casalesi le sono costate minacce a causa delle quali è costretta a vivere sotto scorta. È stata senatrice della Repubblica e componente della Commissione parlamentare antimafia.
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