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L’asilo intitolato ad Attilio, vittima innocente della faida di Scampia, sfrattato dagli abusivi

Chiuso da un anno il nido che a Miano nel 2009 venne dedicato ad Attilio Romanò in una struttura scolastica che poi nel 2014 è stata in parte occupata da alcune famiglie di senzatetto. Difficile la convivenza forzata tra bambini ed inquilini irregolari. I disagi causati dai lavori di ristrutturazione per ricavare i nuovi appartamenti dalle vecchie aule e la presenza coatta hanno provocato un crollo degli iscritti.
A cura di Claudia Procentese
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Immagine di repertorio
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«Quel nome sulla targa sta ad indicare che la memoria deve farsi impegno e renderci testimoni di questo impegno». Così disse don Luigi Ciotti, presidente di Libera, il 24 gennaio del 2009, durante l’inaugurazione dell’asilo nido comunale Attilio Romanò a Miano. Ma alla fine la scuola, intitolata ad una vittima innocente della prima faida di Scampia, ha serrato i battenti perché la convivenza tra bambini ed inquilini abusivi era diventata ormai insostenibile. L’occupazione, cinque anni fa, dei locali al primo piano da parte di alcune famiglie di senzatetto, e le sue deleterie conseguenze furono subito denunciate dall’allora dirigente responsabile dell’asilo a piano terra che in più occasioni segnalò, inascoltata, la pesante situazione venutasi a creare.

«In origine la struttura ospitava una scuola media, la Ribera – racconta Salvatore Gatta, già consigliere municipale, le cui nipotine hanno frequentato l’asilo fino alla sua chiusura -, poi una parte del piano terra venne affidata ad un’associazione che tuttora vi opera, un’altra parte divenne scuola materna fino ad essere trasformata in nido, mentre il primo piano avrebbe dovuto accogliere un centro per anziani. Invece quest’ultimo è stato occupato da una decina di famiglie che hanno provocato una serie di danni all’asilo sottostante».

I nuovi arrivati, infatti, nell’effettuare i lavori di ristrutturazione al fine di rendere abitabili le vecchie aule, causarono un collasso dell’impianto fognario che portò all’intervento dei vigili del fuoco e all’interdizione di due aule. Successivamente tirando su mura durante la divisione degli appartamenti si aprì un buco nel soffitto del refettorio creando allarme per l’entrata dei topi dall’esterno. «Ma i disagi non sono nati soltanto nel ricavare le nuove architetture abusive in una proprietà comunale – precisa Pasquale Esposito, consigliere del parlamentino della periferia nord -. I bambini, ad esempio, non potevano riposare dopo il pranzo a causa dei continui rumori. Non puoi tenere insieme chi frequenta una scuola e chi la abita come un condominio con musica alta e i panni da stendere sul balcone. Disagi che hanno fatto crollare il numero degli iscritti. Due anni fa per la mancanza della certificazione antincendio i pochi bambini sono stati trasferiti nel vicino asilo di via Acquarola. Intanto le classi dell’asilo Romanò sono rimaste vuote e abbandonate, aspettiamo che vengano occupate pure quelle?».

L’asilo Romanò, nel cuore di quella che è la Masseria Cardone, uno dei rioni dell’area nord dove i traffici illeciti tengono in ostaggio la gente onesta, era divenuto il simbolo della legalità nel restituire al territorio il ricordo di un ragazzo perbene di Miano, Attilio, ucciso nel 2005 dietro il bancone del negozio di telefonini dove lavorava. Lo scambiarono per un nipote del boss degli “scissionisti” nel pieno della guerra di camorra. «È davvero paradossale la sorte di questo asilo che doveva essere il presidio della legalità e invece è rimasto vittima dell’illegalità in un quartiere dove spesso l’infanzia è negata» chiosa Esposito. «Una delle mie nipotine adesso è stata trasferita nel nido di via Acquarola – aggiunge Gatta -. A metà anno scolastico scorso ci dissero che l’asilo Romanò sarebbe stato riaperto nel giro di qualche mese. È passato un anno, è ancora chiuso. Sono solidale con chi oggi cerca disperatamente una casa in cui vivere dignitosamente, capisco l’emergenza, ma in questi rioni i bambini hanno bisogno di posti sani dove crescere. E, mi si lasci aggiungere, che se il Comune ha le sue colpe, la municipalità non è innocente».

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