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Camorra a Napoli, riforniva di droga il clan Falanga: confiscati 4 milioni di beni ad Alberto Bova

Sequestri nel Napoletano, dove i carabinieri hanno dato esecuzione a un decreto emesso dal Tribunale di Napoli nei confronti di beni illeciti, per un totale di 4 milioni di euro, accumulati da Alberto Bova. Il 44enne è ritenuto affiliato al clan Falanga, riforniva di sostanze stupefacenti il territorio vesuviano.
A cura di Alessia Rabbai
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Quattro immobili e quattordici terreni, per un valore complessivo di 4 milioni di euro è il valore dei beni illeciti sequestrati dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata ad Alberto Bova. Si tratta di ville e vigne sparse tra Villaricca, San Vito Chietino e Cesenatico. Il 44enne di Napoli ma residente nella provincia di Forlì-Cesena, si trova agli arresti domiciliari per reati in materia di stupefacenti, ritenuto affiliato al gruppo criminale facente capo a Maurizio Garofalo, elemento apicale del clan camorristico dei Falanga attivo a Torre del Greco. Grazie all’alleanza con il clan degli Ascione-Papale, egemone nel territorio di Ercolano, riforniva di sostanze stupefacenti il territorio vesuviano. L'operazione dei carabinieri rende esecutivo un decreto di sequestro preventivo per la confisca di immobili emesso dal Tribunale di Napoli,  finalizzato a contrastare l’azione delittuosa delle consorterie criminali di matrice camorristica radicate nel territorio della Provincia Napoli.

Le indagini

L’indagine nel corso della quale è emersa la figura di Alberto Bova nasce dall’arresto, il 14 maggio 2014, di Maurizio Garofalo, a cui gli inquirenti erano giunti grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, cassiere del gruppo. Alberto Bova è stato individuato come colui che aveva il compito di rifornire di grandi quantità di droga il gruppo criminale. A tal proposito il 10 ottobre 2016 i militari hanno dato esecuzione a 23 ordinanze di custodia cautelare tra Torre del Greco, Napoli e Villaricca. Gli accertamenti hanno inoltre documentato la spiccata inclinazione al crimine, la spregiudicatezza e la professionalità nell’agire criminoso dell’interessato e la natura illecita del denaro da lui utilizzato per l’acquisizione dei beni sequestrati derivante dal suo coinvolgimento nel contesto associativo. È emersa chiaramente anche la sproporzione tra il reddito e le attività economiche svolte dall'arrestato.

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