Tra interrogatori, sospetti, accuse, fermi e confessioni, in mezzo al turbinio di particolari, di dita puntate, di giudizi e sentenze, sembra passata una vita, mentre invece è trascorsa una sola settimana dalla tragedia di Cardito, da quanto la vita del piccolo Giuseppe, 7 anni, è stata spezzata a suon di botte da Tony Essobti Badre, il compagno della madre, e da quando l'esistenza di una intera famiglia è stata devastata. Una sola settimana, con la frenesia dei nostri tempi, con le notizie che ci rimbalzano addosso con una velocità impressionante, è sufficiente a dimenticare, a far svanire il ricordo di un bimbo massacrato di botte. E invece, quello che è importante, più che mai, è non dimenticare, non soltanto per onorare la memoria di un bimbo di soli 7 anni, senza colpe, ucciso in maniera atroce, ma soprattutto perché ci sono altre due vittime della tragedia, le sorelline di Giuseppe, che continuano a vivere e non devono essere lasciate sole.
La più grande, 8 anni, è stata dimessa appena ieri dall'ospedale Santobono, nel quale era ricoverata da una settimana. Anche lei è stata colpita dalla furia di Tony: è arrivata nel nosocomio pediatrico partenopeo con il volto tumefatto, ha subito un intervento chirurgico di ricostruzione, tanto era stata massacrata. Ma è sopravvissuta e adesso, mentre i lividi sul corpo si assorbono – molto più difficili da guarire saranno le ferite interne, invece – si ritrova senza famiglia: il fratello morto, la mamma e il padre a cui, almeno per il momento, è stata sospesa la potestà genitoriale. L'altra bimba, invece, ha soli 4 anni: è scampata alla violenza del compagno della madre. Da una settimana è in una struttura protetta, che è un modo carino per dire che è in un centro che accoglie minori disagiati. Entrambe hanno tutta la vita davanti: sta a tutti noi far sì che questa sia migliore di quella che hanno vissuto fino ad ora.