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Opinioni

La casa maternità di Napoli mai aperta, ma costata cinque volte quella di Roma

A Pozzuoli è stata costruita una casa maternità costata un milione e mezzo di euro, che non ha mai aperto. L’ospedale Grassi di Roma ne vanta una dove si fanno cinquemila parti l’anno, in acqua o sul letto, a scelta della partoriente. E’ costata solo 300 mila euro.
A cura di Sabina Ambrogi
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La medicalizzazione eccessiva della gestazione e del parto nutre un business di ginecologi e cliniche. Questa ingerenza invasiva ha portato una donna su tre in Italia a partorire con il cesareo, mentre basterebbero le case maternità ad evitarlo, alternativa peraltro particolarmente percorsa in tutto il nord Europa grazie al proliferare di strutture ad hoc. A tutti gli effetti si tratta di una struttura pubblica, che per legge e per sicurezza deve essere costruita entro un perimetro di grande vicinanza all'ospedale, e che ha il pregio di eliminare al suo interno un sovrappeso di personale medico, di far sentire a proprio agio la partoriente e di tenerla lontana visivamente dall'ambientazione ospedaliera. Insomma è la ricostruzione della pace e dell'intimità domestica.

A proposito di medicalizzazione, la Campania è la regione con il più alto tasso di cesarei in Europa. A Pozzuoli è stata costruita una casa maternità costata complessivamente un milione e mezzo di euro, mentre a Roma ne esiste una costata 300 mila euro, dove partoriscono, senza violenza né traumi, 5 mila donne l'anno. Dopo anni di attese e proteste, la Direzione Aziendale ha deliberato una nuova destinazione d’uso dello stabile: 1,5 milioni di euro e nessun parto.

“Per partorire in Campania una donna può arrivare a spendere fino a 10 mila euro – dice l'ostetrica napoletana Maria Teresa Da Pascale dell'associazione Terra Prena – c'è una quantità ridicola di analisi che vengono prescritte dai ginecologi. Così insieme alla spesa abnorme, per molte insostenibile, segue tutto lo stress di cui vengono circondate le gravidanze. Una volta nato il bambino poi passa nelle mani dei pediatri. A forza di medicalizzare ogni singola fase le donne arrivano al parto insicure e smarrite. Tutto questo per finire con il taglio cesareo. In Campania se ne praticano in una percentuale che arriva fino al 90% e non sono affatto sicuri. Ultimamente, alla clinica Villa delle Querce di Napoli, è morta una donna di 36 anni con un cesareo fatto perché la bimba pesava 4 chili!”

E le case maternità non potrebbero sopperire e aiutare le donne a ritrovare una condizione più sana? 

“In Campania ne sono state previste cinque”, racconta De Pascale “che io sappia nessuna ha aperto, neanche quella di Napoli. Ma la vera storia vergognosa è quella della casa maternità di Pozzuoli dell'ospedale Santa Maria delle Grazie. E' costata un milione e cinquecentomila euro. Erano soldi dei fondi del Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) stanziati appositamente per maternità e infanzia. Sono stati spesi per la casa maternità che infatti è stata costruita e completata con tutti gli arredi interni previsti, nel 2008. Ma non è mai stata aperta. La Direzione Aziendale prima ci ha collocato un servizio psichiatrico di diagnosi e cura riadeguando i locali spendendo altri soldi, e di recente ha destinato lo spazio a un servizio di Anatomia Patologica e a degli uffici amministrativi spendendo altri 50 mila euro. Gli arredi interni originari invece sono spariti”. Le associazioni hanno organizzato una raccolta firme con Change.org e un sit di protesta qualche mese fa ma “c'è un'illegalità così alta nel business della maternità che si dovrebbe ribellare tutta la società civile. Noi abbiamo solo denunciato alla procura che indaghi per capire dove è iniziato l'imbroglio. Quello che facciamo ovviamente non può bastare”.

Roma, con tutti i suoi dissesti, è riuscita ad avere la sua casa maternità dell'ospedale Grassi di Ostia, fiore all'occhiello del grande ospedale. Una delle ostetriche che lavora nella struttura, Gabriella Pacini dice: “siamo solo ostetriche lì dentro, se dovessero subentrare delle anomalie, la donna viene immediatamente trasportata in ospedale situato a poche centinaia di metri. Qui si fanno più di cinque mila parti l'anno. C'è da parte una vasca e le donne possono scegliere di partorire in acqua, c'è un letto normale dove riposare, e uno dove partorire che è sempre un letto normale, delle culle da vestire come si vuole… con le cose portate da casa, poi c'è uno spazio per i familiari. Il principio sotteso a questa struttura è quello di non far vivere la gravidanza come una specie di malattia, e un condensatore di ansie. Per capirci il linguaggio medico comune è rivelatore: diciamo gravidanza ad alto rischio e gravidanza a basso rischio, il che implica necessariamente il concetto che ci sia un rischio. E' successo invece che per le troppe ingerenze, le donne abbiano perso le competenze al parto: si tratta di un'altra forma di espropriazione del corpo sul quale perdono ogni diritto e gestione appena entrano in ospedale. Anche qui il vocabolario tradisce l'equivoco: è molto comune che il ginecologo dica l'ho fatta partorire. Non è la donna che partorisce, è il medico che lo fa. A volte con conseguenze traumatiche: dai consueti tagli alla vagina (episiotomie) ai parti cesarei. Spesso le donne non vengono neanche informate delle alternative a disposizione. Niente di tutto questo con la casa maternità, che va in direzione opposta: far riacquistare la libertà del parto devastata dall'ingerenza dei medici e dal business che c'è dietro. Si seguono solo le raccomandazioni dell'OMS [Organizzazione mondiale della sanità, NdR], e i risultati sono meravigliosi”.

Gabriella Pacini, da sempre molto impegnata in associazioni femminili e femministe come Vita di Donna, ha anche realizzato un cortometraggio (appena uscito),"La Prestazione – Sex like Birth" . E' la storia di una coppia che viene monitorata da medici durante un rapporto sessuale. I medici stressano i due al punto da impedirgli di fare l'amore con successo. Salvo poi intervenire prontamente con una fecondazione artificiale. “Gli ormoni della nascita” dice “sono gli stessi che produciamo nel momento dell'amore. Per questo e altri motivi è importante proteggere il parto da qualsiasi elemento di disturbo che non sia dovuto e giustificato da motivazioni mediche. E' stimato che sono necessari solo il 15 % di cesarei ”.

E quali sono i costi di strutture come quella di Ostia?

“Noi abbiamo vinto il bando della regione Lazio e abbiamo realizzato nel 2009 la casa del Grassi con 300 mila euro” dice l'architetto Stefano Stefano Cascavilla “non conosco quella di Pozzuoli, ma a noi è costata così. L'abbiamo realizzata usando anche il legno perché sta dentro una pineta, con le finestre rivolte verso gli alberi, in modo che prima del parto ci siano le condizioni più serene e non la visione dell'ospedale. Di fatto, una casa maternità non ha bisogno di grandi strutture: ci sono due sale, una comune per i parenti, la possibilità di portarsi la musica, di regolare la luce che si vuole compresa la penombra, proprio per evitare l'effetto orribile delle luci artificiali. Insomma abbiamo fatto il possibile per creare l'ambiente domestico, il tutto collegato con un filo diretto con la struttura ospedaliera principale”.

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Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
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