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Colpo al Clan Moccia di Afragola: dopo le bombe ai negozi in 7 tornano in carcere

Dopo la condanna in primo grado tornano in carcere sette elementi di spicco del gruppo di camorra egemone ad Afragola. I membri dell’organizzazione gestivano le economie del clan e ile attività di racket ed estorsione. Lo scorso mese proprio ad Afragola una vera e propria campagna di terrore rivolta contro i commercianti con l’esplosione di nove ordigni artigianali.
A cura di Redazione Napoli
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Tornano in carcere sette elementi di spicco del clan Moccia, egemone nell'area di Afragola, ma che ha esteso il suo potere anche a Casoria e Arzano nell'hinterland Nord di Napoli. L'organizzazione camorristica è ritenuta responsabile della campagna di terrore operata negli scorsi mesi ai danni di molti commercianti, con l'esplosione di bombe artigianali che hanno devastato negozi e serrande. L'ultima esplosione lo scorso 24 gennaio fuori una tabaccheria, nona deflagrazioni in poco più di venti giorni lo scorso mese. Una situazione che ha acceso i riflettori sul comune nel napoletano a livello nazionale, con tanto di visita del ministro dell'Interno Matteo Salvini, seguita da polemiche per il ‘bacia mano' e le urla di incitamento per togliere la scorta a Roberto Saviano.

Le condanne per gli affiliati del Clan Moccia

Dopo una condanna in primo grado sono stati nuovamente tradotti in carcere Raffaele Bencivenga, 53 anni (condannato a 14 anni di reclusione), Giustino De Rosa, 49 anni (11 anni e 6 mesi), Pietro Iodice, 53 anni (18 anni e 6 mesi), Antonio Pezzella, 36 anni (9 anni e 6 mesi), Gennaro Piscitelli, 38 anni (13 anni e 6 mesi), Antonio Puzio, 35 anni (13 anni e 6 mesi) e Giuseppe Puzio, 49 anni (13 anni). Sono stati riconosciuti responsabile di estorsione, esercizio abusivo dell'attività finanziaria e riciclaggio.

I ruoli nel gruppo dedito a racket ed estorsione

Al centro del gruppo dedito al racket e all'estorsione ci sarebbe stato Pietro Iodice, mentre Roberto Bencivenga si occupava, assieme al fratello, dei conti dell'organizzazione e di pagare gli stipendi agli affiliati in libertà e "la retta" a quelli detenuti, oltre che di tenere i rapporti e versare le parcelle agli avvocati difensori. Bencivenga aveva stabilito il suo quartier generale in un garage, trasformato in base operativa e punto di riferimento per il gruppo.

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