In Campania servono 1.400 medici volontari per assistere i contagiati da Covid-19 a casa
Servono 1.400 medici volontari in Campania per garantire l'assistenza domiciliare ai soggetti positivi al contagio da Coronavirus non gravi che sono a casa in quarantena e poter effettuare le diagnosi con i tamponi per certificarne la guarigione. Sono questi i primi numeri filtrati per mettere in piedi anche in Campania il piano per la realizzazione dell'Unità Speciale di Continuità Assistenziale (Usca), prevista dal Decreto Legge 14 del 9 marzo 2020. Un esercito di medici volontari chiamato a monitorare lo stato di salute dei pazienti contagiati. Per reclutarlo si attingerà ai medici di medicina generale, continuità assistenziale, giovani medici specializzandi in medicina generale e anche neolaureati iscritti all'ordine.
Servono 1.400 medici volontari in Campania
La proposta di piano per l'Usca in Campania è stata approvata dal Comitato Permanente Regionale ex art. 24 ACN di Medicina Generale della Campania, dove siedono i sindacati dei medici di medicina di base (Fimmg, Snami, Smi, Intesa sindacale) e la parte pubblica, il 17 marzo scorso ed è attualmente al vaglio della task force di crisi di Palazzo Santa Lucia, dove sarà discusso oggi. Per metterlo a punto, si prevedono 120 presidi Usca sul territorio, uno ogni 50mila abitanti, per coprire i 6 milioni di abitanti della Campania. Le stime parlano di circa 1.400 medici volontari, per coprire due turni: 8-14 e 14-20, tutti i giorni, compresi domenica e festivi. Alcune Asl sono già partite anche alla luce degli scenari che prevedono il picco di contagi per fine marzo, metà aprile.
Il medico docente: “Molti specializzandi di Napoli già partiti”
“Alcuni specializzandi di medicina generale lo stanno già facendo – racconta Francesco Montanino, coordinatore del corso di specializzazione in Medicina Generale di Napoli – Molti degli studenti del secondo e del terzo anno hanno dato disponibilità alle aziende sanitarie come volontari. Altri stanno già lavorando nelle sostituzioni dei medici di famiglia, altri ancora si sono candidati per la campagna di assistenza nel Nord Italia. Io stesso sono pronto a dare una mano in prima persona come volontario, quando la Regione avvierà l'Usca. È probabile che dovremo assistere nei prossimi giorni molte persone a casa, che in altri tempi sarebbero state ospedalizzate. Bisognerà effettuare attività clinica, non solo di triage telefonico a carattere epidemiologico per il Coronavirus, perché ci stanno arrivando tante telefonate di chi ha patologie diverse, come diabetici scompensati, cardiopatici che continuano ad aver bisogno di assistenza. Senza contare l'ansia che questa situazione sta generando nelle persone. Io sto rispondendo a telefonate per gestire panico e paura”.
"Per i contagiati a casa serve attenzione continua"
“In primo luogo – spiega Montanino – all'osservazione clinica dei sintomi del Coronavirus, come febbre e tosse e poi il livello di saturazione dell'ossigeno nel sangue. Valori bassi indicano che il paziente deve essere ospedalizzato, perché è un segnale di insufficienza respiratoria. La polmonite interstiziale bilaterale che è connessa al Coronavirus, infatti, può compromettere gli scambi gassosi tra anidride carbonica e ossigeno che avvengono nei polmoni. Ma capita nella minoranza dei casi. Molti soggetti possono essere seguiti a casa con un monitoraggio attento. Nel caso del Coronavirus, poi, la guarigione in alcuni casi è lenta e il processo assistenziale può essere anche lungo, per questo è opportuno avere anche un monitoraggio continuo del paziente. Inoltre, bisognerà guidarlo nell'osservazione dei protocolli che si stanno adottando anche per chi è a casa in quarantena”.