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Covid 19

Malati Covid19, la Regione Campania taglia i rimborsi alle cliniche private: dal 95 al 70%

Dietrofront della Regione Campania sull’accordo per i 3mila posti letto in più da allestire nelle cliniche private per i pazienti Covid19 e per il potenziamento dei “non Covid”. Rivisto al ribasso lo sforamento del tetto di spesa durante l’emergenza. Il rimborso della Regione scende dal 95% al 70% del budget mensile, adeguandosi a quello nazionale, e ci sarà l’obbligo di rendicontare tutte le spese, mentre l’accordo di marzo prevedeva un rimborso “a prescindere dalla reale produzione”.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Dietrofront della Regione Campania sull'accordo per i 3mila posti letto in più da allestire nelle cliniche private per i pazienti Covid19 e per il potenziamento dei “non Covid”, firmato il 28 marzo scorso con l'Aiop Campania, l’Associazione di Categoria delle Case di cura. Rivisto al ribasso lo sforamento del tetto di spesa durante il periodo dell'emergenza per la pandemia. Il rimborso della Regione per i costi sostenuti dalle case di cura scende dal 95% al 70% del budget mensile, adeguandosi a quello nazionale, e ci sarà l'obbligo di rendicontare tutte le spese, mentre l'accordo di fine marzo invece prevedeva un rimborso “a prescindere dalla reale produzione”. Una decurtazione di un quarto circa, che si tradurrà, molto probabilmente, in meno posti letto a disposizione nelle cliniche private, rispetto ai 3mila inizialmente previsti. Palazzo Santa Lucia lo ha comunicato con una nota il 14 aprile scorso a tutte le cliniche private della Campania, nonché alle Asl ed alle strutture ospedaliere pubbliche ai quali i privati convenzionati stanno offrendo supporto per la fase di crisi.

Il dietrofront della Regione: “Rimborsi scendono dal 95% al 70%”

“I rapporti in essere – scrive Palazzo Santa Lucia nella nota del 14 aprile – devono intendersi adeguati alle disposizioni del decreto legge 23 dell'8 aprile 2020”. L'articolo 7 dell'accordo del 28 marzo tra Aiop e Regione viene modificato così: “prevedendo il pagamento di un corrispettivo mensile per le attività connesse all'emergenza epidemiologica Covid-19 pari al 70% dei dodicesimi del budget vigente, a titolo di acconto, salvo conguaglio, a seguito di apposita rendicontazione delle attività svolte in attesa del decreto del ministero della Salute di concerto con il Mef”.

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Cosa prevedeva l'accordo in Campania con le cliniche private

L'accordo del 28 marzo scorso tra la Campania e l'Aiop, invece, della durata di 3 mesi, prorogabili, prevedeva un rimborso più alto. Le case di cura, infatti, si impegnavano ad affiancare le strutture sanitarie pubbliche andando ad attivare posti letto aggiuntivi per il Coronavirus e a potenziare anche i posti letto non Covid, in modo da liberare posti letto negli ospedali pubblici. Nello specifico, il patto prevedeva che le cliniche private avrebbero messo a disposizione posti letto per il ricovero ordinario e in sub-intensiva di pazienti Covid di grado medio, con supporto respiratorio come Casco e Niv e la disponibilità in struttura anche di posti letto in terapia intensiva in caso di aggravamento.

Per i positivi paucisintomatici, cioè lievi, in isolamento a casa, l'offerta di ossigenoterapia e assistenza medica e infermieristica con la possibilità di trasferirli subito in ospedale in caso di aggravamento. Per gli ospedalizzati clinicamente guariti in attesa del doppio tampone per certificare la guarigione la degenza per 14 giorni in clinica liberando i posti letto in ospedale. Per queste attività l'accordo prevedeva una “remunerazione mensile pari al 95% di un dodicesimo del budget assegnato”.

Per i casi gravi si aggiunge una tariffa di 700 euro al giorno per la degenza in terapia sub intensiva e di 1.200 per l'intensiva. Per i pazienti Non Covid, invece, le case di cura si impegnavano a fornire quelle prestazioni urgenti e programmate come le medico-chirurgiche, riabilitazione e lungodegenza, normalmente fatte in ospedale. Per le Case di cura che accolgono pazienti Non Covid, quindi, attualmente degenti presso le strutture pubbliche, l'accordo prevedeva “una remunerazione mensile pari 95% di un dodicesimo del budget, a prescindere dal valore della reale produzione”.

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