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Ecco chi è Walter Mallo, il boss ragazzino con la lacrima tatuata

Walter Mallo è ritenuto il capo di uno dei gruppi criminali nascenti più pericolosi nella periferia nord di Napoli. È stato arrestato stamattina insieme a i suoi sodali. Ecco, tra tatuaggi e allevamenti di serpenti, chi è il feroce boss del rione Don Guanella.
A cura di Angela Marino
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Walter Mallo
Walter Mallo

Nell'appartamento che aveva scelto come base per il clan teneva un rettilario con i serpenti. Giocava a fare il boss, Walter Mallo, 26 anni, asceso a capo di un gruppo criminale che le indagini della Procura hanno smantellato in poco tempo. Come tutti i giovanissimi ras di camorra Walter emula nell'aspetto i duri dei film, sul viso ha una lacrima tatuata, i capelli rasati sulle tempie, alleva serpenti.

Quando di carabinieri lo arrestano, ponendo fine a un regno durato poco più di una manciata di mesi, Mallo è spavaldo, sorridente, forse inconsapevole di quanto stesse realmente accadendo. Ha fatto game over il boss ragazzino, dopo aver conquistato il rione Don Guanella di Miano, dove è cresciuto, sottraendolo ai capiclan storici dei Capitoni, Walter ha bruciato tutte le tappe. Ascesa e decadenza nel giro di pochi mesi. E proprio come in un videogame il giovane si deve essere sentito. È il suo profilo Facebook a restituire una realtà diversa da quella che appare dalle inchieste della Dda: il feroce capoclan scrive frasi a effetto, posta decine di selfie.

"Questa è la nuova era le nuove leve con il codice della vecchia guardia"; cita Fidel Castro: "Patria o morte" e Che Guevara: "Hasta la victoria, siempre" e, quando viene ucciso il suo sodale Giuseppe Calise, a Miano, si scaglia contro gli "infami di merda" e i "giornalisti falliti". "Fratello mio, un'anima buona come la tua non meritava questo. Avrai potuto fare tutti gli sbagli che diranno ma sono stati infami e la pagheranno". Una immagine costruita, un monumento a se stesso che alimenta l'immagine che il boss 26enne vuole dare di sé e che esercita una palese fascinazione sui suoi amici e sodali. La realtà, tuttavia, è quella di una vita bruciata per un egemonia durata pochi mesi. Il 41bis è la prospettiva, proprio come per il giovane Lino Sibillo, arrestato lo scorso 2 giugno al termine di una caccia all'uomo durata mesi e additato come uno dei latitanti più pericolosi. Lui, al momento dell'arresto, appariva meno spavaldo e sicuro di sé.  Per lui, il videogame era finito con l'inizio della latitanza.

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