I napoletani continueranno a pagare la crisi dei rifiuti del 2006-2009 per i prossimi 20 anni. È questo il nuovo accordo tra il Comune e il Governo per rientrare dai debiti contratti con lo Stato per smaltire le montagne di “monnezza”. Un macigno di 64,5 milioni di euro ancora da pagare, oltre ai 45 già versati, che pesa ancora oggi sulle spalle di tutti i cittadini a 10 anni dal dramma dell'emergenza, quando la città era piena di sacchetti e i cumuli arrivavano fino ai primi piani dei palazzi.
Nel patto per il piano di rientro, Palazzo San Giacomo riconosce tutti i debiti dell'emergenza per 64,5 milioni di euro. I napoletani dovranno scontarli a rate per i prossimi 18 anni: 4,3 milioni all'anno fino al 2027, poi, 2,3 milioni all'anno fino al 2037. La scadenza della prossima rata da oltre 2 milioni di euro è fissata al 31 luglio prossimo. Ma restano fuori dall'accordo altri 63,7 milioni, tra interessi e penali, che sono ancora oggetto di contenzioso. In totale, quindi, l'emergenza rifiuti potrebbe essere costata a Napoli potenzialmente oltre 170 milioni di euro.
Per molto tempo la giunta guidata da Luigi de Magistris non aveva riconosciuto buona parte di quel debito. Dopo un lungo braccio di ferro amministrativo, il Comune di Napoli adesso si arrende e accetta l'accordo con l'Unità Tecnica Amministrativa (Uta) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l'unità commissariale di Governo che all'epoca si occupò di smaltire tutta quell'immondizia per conto del Municipio che non era in grado di farlo.
Rifiuti, il debito che De Magistris non accettava
La storia di quel debito è lunga e complessa. Nel 2008, il Comune, sotto la giunta comunale guidata da Rosa Russo Iervolino, riconosce con una prima convenzione con l'Uta circa 84 milioni di euro di debiti per il periodo 2005-2007. Di questa cifra ne versa circa la metà: 42 milioni di euro. Con una seconda convenzione, nel 2012, questa volta sotto la giunta de Magistris, accerta un debito di altri 50,4 milioni per il periodo 2008-2009, di questi ne sono versati circa 3,2. Restano quindi circa 90 milioni.
La svolta arriva a febbraio 2016, quando l'Uta della Presidenza del Consiglio chiede il conto a Napoli, presentando un'ingiunzione di pagamento per oltre 139 milioni di euro, comprensivi di interessi e sanzioni, fino al 2015. Il Comune fa opposizione, ma il Tribunale la accoglie solo in parte, confermando il debito per 66,5 milioni che erano stati riconosciuti dal Comune con le due convenzioni. Mentre sugli altri 63,7 milioni dell'ingiunzione, relativi a penali e interessi, si è aperto un contenzioso, visto che il Municipio avanza a compensazione crediti di Asìa.
La vicenda, quindi, finisce al centro anche di un'inchiesta della Procura della Corte dei Conti della Campania, che ha visto coinvolti tra gli altri l'ex assessore al Bilancio Salvatore Palma, e diversi dirigenti, poi chiusasi con l'assoluzione per tutti a giugno 2018. Una parte consistente dei debiti, infatti, pari a circa 45 milioni (su 66,5), non era stata inserita fino ad allora nei bilanci comunali, proprio perché congelata come contenzioso-transazione, ed è stata riconosciuta solo nel 2017, come debito fuori bilancio. Per i 21 milioni già riconosciuti, invece, a novembre 2016 viene firmato un piano di rientro in 10 anni. La prima rata da 2 milioni è stata pagata a luglio dello scorso anno.
Il piano di rientro da 66 milioni
Si arriva così ai giorni nostri. A fine 2018 si decide di fare un unico piano di rientro per tutti i 66,5 milioni – o meglio 64,5, al netto dei 2 milioni già pagati l'anno scorso. Il piano di rientro prevede di riassorbire tutti i debiti restanti entro il 2037, tenendo fuori solo i 63,7 milioni di penali, per i quali è ancora aperto il contenzioso.
Grazie al nuovo piano di rientro, l'ingiunzione del 2016 non andrà in esecuzione, ma resterà comunque, «a garanzia del credito complessivo, fino al pagamento dell'intero importo di 64,4 milioni», nonché del «recupero delle ulteriori somme ingiunte, per gli altri 63,7 milioni», non oggetto dell'accordo. «L'assenso alla definizione dei pagamenti mediante il piano di rateizzazione», infatti, è precisato, «non comporta alcuna rinuncia alle ulteriori somme ancora dovute».