Che significa fratacchione in napoletano? Che intendeva De Luca e cosa significa davvero
«Frate', fratellì, fratello', fratacchio' fratamme', cumpagno mio, cumpagn ‘o meglio cumpagno mio!». Nel film "Il Principe Abusivo" Christian De Sica prende lezioni di fratellanza partenopea da un Alessandro Siani attonito: lo sketch è una variazione sul tema – come ce ne sono tante, in dialetto napoletano – sui modi per indicare un rapporto di comunanza, di amicizia. Perché il rapporto stabile a Napoli non è solo parentale ma è anche quello amicale. ‘O cumpagno, non ha connotazione politica come il compagno col pugno chiuso né soltanto il fraterno cum panis spiegato da Mario Rigoni Stern. Il compagno è un alleato, un amico di avventure passate presenti e future, il condivisore di un pezzo di vita.
E il fratacchione che immagina Vincenzo De Luca per un sorpreso (e un po' indispettito) Fabio Fazio a Che tempo che fa non è certo quello che immaginiamo noi napoletani. De Luca è un settantenne, immaginava davvero la definizione old style: il fraticello amico di tutti e un po' furbetto.
Che ne sa, De Luca del fratacchio' dello sketch di Siani, poi diventato perfino una canzone tormentone neomelodica del molleggiato Mimmo Dany «Frà, frate a mmè, frate a ttè?! Frate a chi?! Fratacchiò!». Oggi addirittura è cambiato ancora: nel gergo partenopeo, sottospecie del dialetto vero e proprio, ormai il compagnone e il fratacchione sono diventati ‘o frate fidato, il fratello fidato. Qualche tempo fa divenne virale il filmato di un videomaker che riprendeva alcuni giovanissimi: «Stamm nterr Merg cu e frat fidat». Nderra ovvero ‘a terra', seduti sulle scalinate o altrove in questi casi, "Merg" è nient'altro che Mergellina, la nota zona della movida partenopea affacciata a mare, il luogo dei chioschi e della passeggiata. E: «Cu e frat fidat», cioè coi fratelli fidati. E come si fa a distinguere un amico normale da un fratello fidato? «Il fratello fidato è quello che sta sempre con te e ti accompagna ovunque».