L’indagine su Vincenzo De Luca e Nello Mastursi fra silenzi e bugie
Per capire meglio l'inchiesta che coinvolge il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, il suo ex capo di segreteria Carmelo ‘Nello' Mastursi, Guglielmo Manna, avvocato con incarico nell'ufficio contenzioso dell'ospedale Santobono di Napoli e sua moglie Anna Scognamiglio, giudice al tribunale civile partenopeo, oltre all'infermiere Giorgio Poziello, l'avvocato Gianfranco Brancaccio e a Giuseppe Vetrano, già coordinatore delle liste De Luca ad Avellino, bisogna partire dal reato ipotizzato dalla Procura di Roma, competente perché sotto indagine c'è finito un giudice. È l'articolo 319 quater del codice di procedura penale, vale a dire la corruzione per induzione. Cosa significa? Significa che il concusso, cioè colui il quale ha subìto la ‘richiesta' è egli stesso concorrente del reato poiché non l'ha denunziato. E ne ha tratto vantaggio.
- Il capo d'imputazione
- Le intercettazioni
- L'inchiesta ‘madre' sulla sanità
- Le bugie alla Regione Campania
Il capo d'imputazione per De Luca, Mastursi, Scognamiglio, Manna
Ecco il capo d'imputazione così com'era scritto nei decreti di perquisizione del 19 ottobre scorso partito alla Procura di Roma verso Mastursi: "Con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso in tempi diversi, Anna Scognamiglio, magistrato presso il Tribunale Civile di Napoli e giudice relatore nella fase di merito del ricorso intentato dallo stesso De Luca contro la sospensione della carica di presidente della Regione, abusando della sua qualità e dei poteri decisionali in concorso con gli altri indagati, cioè il marito Guglielmo Manna e con gli intermediari Poziello e Brancaccio, minacciando De Luca per il tramite di Vetrano e Mastursi di una decisione a lui sfavorevole da parte del Tribunale con conseguente perdita della carica ricoperta, inducevano il medesimo a promettere a Manna la nomina a una importante carica dirigenziale nella sanità campana, condotta reiterata in occasione dell'udienza tenutasi presso il tribunale di Napoli l'11 settembre scorso avente a oggetto la legittimità del decreto della presidenza del Consiglio dei ministri che aveva sospeso De Luca dalla carica di presidente della Regione". L'indagine nei confronti del presidente campano è stata affidata ai pm Corrado Fasanelli e Giorgio Orano. Potrebbe chiudersi in poche settimane. Non sono previsti interrogatori (al momento) gli inquirenti stanno valutando la corposa documentazione acquisita nel corso delle perquisizioni dei giorni scorsi. Fra le notizie che trapelano c'è quella secondo cui, in casa di Mastursi, sarebbe anche stata trovata una "modesta quantità di cocaina".
De Luca il minacciato. Che non denuncia. Le intercettazioni
Vincenzo De Luca sarebbe dunque stato "minacciato" di sentenza sfavorevole in merito al ricorso presentato al Tribunale per la legge Severino se non avesse dato al marito del giudice Scognamiglio un rilevante incarico nell'ambito sanità regionale campana. La decisione favorevole del tribunale su De Luca c'è effettivamente stata, ma è stata assunta all’unanimità da un Collegio Giudicante e confermata integralmente da un altro Collegio del Tribunale. Difficile ipotizzare la corruzione di così tanti giudici. "Non è oggetto di esame della procura di Roma" la sentenza del Tribunale di Napoli, conferma procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone. L'incarico ipotizzato non c'è mai stato; la giudice ha altresì dichiarato che col marito ormai viveva separata in casa. Però ci sono le intercettazioni, su cui c'è un giallo. "Abbiamo finito, è fatta" avrebbe detto, il 17 luglio scorso, il giudice Scognamiglio al marito, riferendosi alla sentenza che consente al governatore di rimanere in carica. Il magistrato, se avesse dichiarato ciò, in quel momento, quando era ancora in camera di consiglio, avrebbe rivelato una notizia riservata. Manna subito dopo avrebbe fatto partire un sms nei confronti di un componente dello staff del governatore, a capo del quale c'era all'epoca Nello Mastursi, scrivendo: "è andata come previsto". E poi altre telefonate: il 2 agosto Manna dice di essere stato convocato a Palazzo Santa Lucia. Dice: "Dovrebbe essere Napoli 1, gira voce. Non ho chiesto Napoli, ma Avellino, Caserta e Benevento". Il giorno dopo, Manna riferisce: "Sono stato segnato su una specie di bloc notes". Una parte di queste intercettazioni, in particolare quella marito-moglie in cui si dice "è fatta", non sarebbe però agli atti dell'inchiesta romana. C'è invece questo passaggio, riportato dal quotidiano Repubblica:
Manna: "Mò l'11 che devi… l'11 pure devi fare la sentenza, no?".
Scognamiglio: "L'11 devo fare l'altro pezzo no… ho un altro pezzo dell'ordinanza De Luca".
Manna: "Mh".
Scognamiglio: "E che palle! Non finisce mai, sembra la storia infinita!".
Manna: "Eh sì, sembra un puzzle".
Scognamiglio: "Quasi!".
Nelle carte, invece c'è il colloquio Manna-Brancaccio: "Io non faccio il direttore generale e va bene, però tu non farai il presidente della Giunta regionale. Io perdo 5 tu perdi 100" dice il marito del giudice. E ancora: "A questo punto voglio capire, perché io i patti li ho rispettati, e si è fatto quello che si era detto". "Ora sta a loro giocare…", chiosa Brancaccio, anche lui indagato.
L'inchiesta ‘madre' su malavita, politica e sanità in Campania
Mai l'esponente politico del Pd, così come il suo fedelissimo, hanno denunciato l'episodio alle forze dell'ordine o alla Procura. E dunque come si è arrivati a questo groviglio? Il fatto è stato scoperto indagando su altre situazioni. Il caso Mastursi-De Luca, infatti, è figlio di un'inchiesta dell'Antimafia di Napoli condotta dai pm della Dda Henry John Woodcock ed Enrica Parascandalo e dai procuratori aggiunti Filippo Beatrice e Giuseppe Borrelli , una inchiesta che ha acceso i fari sui rapporti tra camorra, politica e sanità in Campania. Dalle intercettazioni è stata estrapolata quella – riguardante Manna – che ha determinato quest'altro filone.
Silenzi e bugie che hanno peggiorato tutto
Quando si dimette Nello Mastursi, anziché dire la verità, la Regione Campania, su disposizione del presidente De Luca emette un comunicato (quello dì lunedì 9) che motiva l'addio del capo di gabinetto con una bugia. Dice, testualmente: «Questa mattina è stata accolta la richiesta di dimissioni del dott. Carmelo Mastursi che ha segnalato, dopo questi primi mesi di lavoro, l'impossibilità di coprire contemporaneamente il ruolo di responsabile politico dell'organizzazione del Pd regionale a fronte di un impegno sempre più rilevante in vista delle prossime amministrative, e un ruolo istituzionale del tutto assorbente per il carico di lavoro e i ritmi di attività impressI dalla nuova amministrazione in tutte le politiche di settore. Si ringrazia pertanto il dott. Mastursi per la collaborazione e il lavoro intensissimo di questi mesi». Mastursi sapeva dell'indagine a suo carico. E lo sapeva anche De Luca. Lo ammette egli stesso, nel momento in cui pubblica sul sito istituzionale della Regione Campania la richiesta, datata 29 ottobre 2015, di essere ascoltato dalla competente Autorità giudiziaria. Il governatore dice che ha osservato una rigorosa riservatezza rispetto all'indagine in corso. Ammesso che sia così, perché raccontare una balla alla cittadinanza? Non era degna di sapere la verità?
articolo aggiornato alle ore 21.30 del 12 novembre 2015