La cappella cimiteriale di Furore, dove riposeranno le ceneri di Luciano De Crescenzo, non è ancora pronta. E così le ceneri dello scrittore napoletano, scomparso lo scorso 18 luglio, al momento resteranno per qualche tempo conservate dalla figlia Paola, in attesa dell'ultimazione dei lavori di rifinitura all'interno. Ma in verità non vi è alcuna polemica al riguardo: semplicemente, Luciano De Crescenzo che acquistò il tempietto negli Anni Novanta non volle mai farlo completare di sua volontà, per una "questione di scaramanzia", come spiegato dall'ex sindaco di Furore, Raffaele Ferraioli. In pratica, pur scegliendo Furore come luogo del suo eterno riposo, dopo l'acquisto della cappella, non ne prese mai visione né vi si recò a formalizzare le pratiche, lasciando tutto in mano ad un suo incaricato. Un modo, insomma, tutto napoletano, di essere scaramantico fino all'ultimo.
Una vicenda che ricorda quella raccontata nel film "Così parlò Bellavista", quando proprio Luciano De Crescenzo "rifiutava" di acquistare una bara a rete dal venditore Gigino, interpretato magistralmente da Francesco De Rosa, proprio per una questione scaramantica. Nella scena, una delle più conosciute, Sergio Solli (che interpretava lo spazzino Saverio), prende proprio le difese del professor Bellavista, dicendogli che con la richiesta di vendere una bara, rischia di portare "nu poco ‘e malaugurio". E nel film è lo stesso professor Bellavista-De Crescenzo a ribadirlo: "Voi potete dire quello che volete, ma io la cassa da morto non me la voglio accatta'". E proprio in quella scena, lo stesso Gigino il venditore di bare, sottolineava l'importanza di "non farsi trovare impreparato", anche perché il professor Bellavista aveva già comprato "una cappella gentilizia" per quel fatidico giorno. Insomma, una scena che sembra davvero simile alla vicenda biografica di Luciano De Crescenzo.