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L'arte del pizzaiuolo napoletano patrimonio UNESCO

Ecco le pizze peggiori al mondo

Dall’ananas alle banane, dalle interiora di pecora al chili. Insomma, scordatevi la mozzarella di bufala e il pomodoro di San Marzano: in giro per il mondo ci sono pizze che farebbero impallidire i tradizionalisti e gli amanti della margherita stg (patrimonio Unesco dal 2017) prodotta sapientemente a Napoli. Per quanto, ovviamente, de gustibus non est disputandum.
A cura di Redazione Napoli
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Il premier d'Olanda Mark Rutte in una recente intervista si è vantato della pizza con l'ananas che pare molto apprezzata nel suo Paese: «Non capirete mai neppure come possiamo mettere l’ananas sulla pizza. Eppure, lo facciamo». Sulla pizza, i napoletani sono ferrei e non solo per voglia di rispettare la tradizione. Il disciplinare della vera pizza napoletana stg è molto rigido sia negli ingredienti che nella preparazione, per quanto de gustibus non est disputandum. Le materie prime di base sono: farina di grano tenero, lievito di birra, acqua naturale potabile, pomodori pelati e/o pomodorini freschi, sale marino o sale da cucina, olio d’oliva extravergine. E per la nostra pizza napoletana stg possono essere utilizzati anche aglio e origano; mozzarella di bufala campana dop, basilico fresco e mozzarella stg. Tuttavia siccome parliamo è uno dei piatti più diffusi al mondo, la pizza è da sempre oggetto di rivisitazioni più o meno fantasiose. Il problema è quando queste ricette non solo si distolgono dall'originale made in Napoli ma quasi la offendono, infilando ingredienti di ogni tipo su una pietanza la cui tradizione è invece rigorosamente mantenuta dalle tante pizzerie all'ombra del Vesuvio e non solo.

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Coldiretti ha cercato di tracciare i principali orrori usciti dal forno di presunti pizzaiuoli nel mondo. La prima della lista nera è ovviamente la pizza hawaiana con l'ananas a fare da corredo a polpa di pomodoro, formaggio Emmenthal, mais e peperoncino. Poi c'è la pizza banana curry, tipica della Svezia: banane mature, curry, prosciutto , formaggio e un accenno di pomodoro. E ancora: la pizza australiana con carne grigliata che in questo caso è addirittura carne di canguro o di uccello Emù.
Vogliamo parlare poi della pizza scozzese? Altro che mozzarella di bufala, sopra c'è Haggis, insaccato realizzato con interiora di pecora macinate con cipolla, rognone, spezie e farina d'avena. Non la definiremmo nemmeno pizza, quella tipica dell'Alsazia (Francia) la Tarte Flambée con créme fraîche, panna acida con 30-35 percento di grassi, cipolle e lardo a cubetti. Mentre la Thunfisch, o pizza con il tonno, è tipica della Germania (ma odiata dagli emigranti che sanno ancora cosa significhi una vera pizza margherita).

La pizza, una passione mondiale: negli Usa 13 kg a testa ogni anno

La passione per la pizza è diventata planetaria, ribadisce Coldiretti, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all'anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci, che con 3,3 chili di pizza pro capite annui chiudono questa classifica. Ogni giorno solo in Italia si sfornano circa 5 milioni di pizze nelle circa 63mila pizzerie e locali per l'asporto, taglio e trasporto a domicilio dove si lavorano in termini di ingredienti durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

Gli ingredienti fasulli sulla pizza napoletana

Ma il problema dell’originalità degli ingredienti riguarda in realtà anche l'Italia, dove quasi due pizze su tre servite in Italia sono ottenute da un mix di ingredienti provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori, dalla mozzarella lituana al concentrato pomodoro cinese; in più c'è anche l’olio tunisino e il grano ucraino.

La pizza di Napoli è patrimonio Unesco

Per tutelare la pizza lo scorso dicembre 2017 a Seul l'Unesco ha iscritto l'Arte dei Pizzaiuoli napoletani nella nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità Unesco a sostegno del quale si sta completando la raccolta di 2 milioni di firme in tutto il mondo con il forte sostegno della Coldiretti.

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