Le origini del Vomero, da villaggio rurale a zona residenziale
Il quartiere dei broccoli. Così è spesso citato nei libri e dagli storici il quartiere Vomero di Napoli che oggi tutti conosciamo come quartiere residenziale e densamente abitato ma che un tempo altro non era che aperta campagna. E infatti a ben vedere, l'origine della parola "Vomero" deriva proprio dal “vòmere”, l’organo principale dell’aratro, in riferimento alla natura antica del luogo, dove c’erano poderi e masserie, campi coltivati e quindi contadini. Dunque il quartiere collinare, pur facendo parte della città, era considerato dai napoletani come una periferia distante dal centro anche per l'iniziale mancanza di funicolari che lo collegassero all'altra parte della città, era considerato in definitiva un villaggio rurale. Non era quindi strano sentir dire frasi come : "Vado a Napoli", "Scendo a Napoli" dai contadini che abitavano al Vomero e si recavano nella parte cittadina urbanizzata.
Il rifugio dei nobili
Tra le tante famiglie nobiliari che durante la peste nel 1656 si rifugiarono al Vomero, vi furono anche i Carafa, i Conti di Acerra, i Ruffo di Sicilia, i Cacciottoli e i Cangiani. Era infatti di moda tra i ceti alti della società aristocratica, costruirsi una seconda casa al Vomero dove respirare aria salubre e godersi il relax di una zona ancora poco popolata. "Questa contrada detta il Vomere è ricca di monasteri e di bellissime casine per essere l'aria salutifera avendo un aspetto al mare", così il letterato Carlo Celano descriveva il Vomero per l'appunto.
Il Nuovo Rione
Fu la legge del "Risanamento", che interessò diversi quartieri della città tra cui anche la Sanità, a dare un impulso decisivo alla costituzione del quartiere Vomero come quartiere residenziale, destinato alla classe borghese e caratterizzato dallo stile liberty delle palazzine, ancora oggi esistenti e dalla presenza di parchi come quello della Floridiana e Castelli come Castel Sant'Elmo, che costituivano e costituiscono i tratti principali del quartiere.
La Prima Pietra
Cosa lega il destino del Vomero a quello di una banca di origini piemontesi? Nel 1884, la Banca Tiberina si lanciò nel progetto di urbanizzare la collina, acquistando appezzamenti di terreno, per avviare un piano di trasformazione della stessa in vero e proprio quartiere. Fu così che, l'11 maggio 1885, alla presenza dei reali, del ministro Depretis e del sindaco Nicola Amore, fu posta la prima pietra del rione, il cui progetto prevedeva l'urbanizzazione di un'area di circa 65.000 mq. con la creazione di Via Scarlatti e Via Bernini, che si incrociavano a Piazza Vanvitelli (dove furono fatti edificare i quattro palazzi dall'Istituto romano di beni stabili), Via Luca Giordano e Via Morghen.
Le funicolari
Una volta fatto il quartiere, bisognava collegarlo al resto della città attraverso un sistema di trasporti. Fu così che due ingegneri napoletani (Cigliano e Ferraro) studiarono due sistemi meccanici di trasporto con impianto a fune per collegare il Vomero al centro urbano. Arrivarono quindi la funicolare di Montesanto che fu inaugurata nel 1891 mentre quella di Chiaia fu inaugurata lo stesso anno della Ferrovia Cumana che collegava la zona Flegrea, ossia nel 1889. In seguito si aggiunsero le funicolari di Mergellina e quella Centrale , la prima ultimata nel 1931, mentre la seconda fu progettata nel 1923 e inaugurata nel 1928.