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Covid 19

L’emergenza Coronavirus fa saltare le coperture dei latitanti ricercati: caccia aperta

Le misure di contrasto al coronavirus, inaspettatamente, possono avere un altro contraccolpo sulla criminalità organizzata: oltre a bloccare le piazze di spaccio, possono causare grossi problemi alle reti di protezione dei latitanti, aiutando le squadre catturandi di polizia e carabinieri a stanare i latitanti.
A cura di Nico Falco
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L'arresto di Marco Di Lauro
L'arresto di Marco Di Lauro
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"Resto a casa", e vale per tutti. Ma per qualcuno questa quarantena dettata da motivi sanitari potrebbe essere soltanto il preludio di una forzata da motivi di giustizia, e che sarebbe decisamente più lunga dei 15 giorni prospettati: con il divieto di uscire da casa diventano più complicate, o addirittura si fermano anche tutte le attività "di copertura" dei latitanti. Si potrebbe quindi spianare la strada alle sezioni catturandi di Carabinieri e Polizia, che in questi giorni di emergenza non hanno fermato le operazioni e potrebbero avere da questa situazione drammatica un aiuto inaspettato. Il primo esempio è arrivato dalla Calabria, con l'arresto di Cesare Antonio Cordì, dell'omonimo clan di Locri, ricercato da agosto: i carabinieri hanno seguito il suo vivandiere fino alla villetta isolata dove si nascondeva.

Fonti investigative avevano rivelato a Fanpage.it che le norme di contenimento del coronavirus, quelle che purtroppo stanno costringendo tutti gli italiani a sacrificare la propria libertà per salvaguardare la salute collettiva, hanno anche dei lati positivi nella lotta alla criminalità. Per esempio, sulle piazze di spaccio: via le vedette, che non potranno stare più per strada perché potranno essere denunciate. E danni anche per gli spacciatori, come quello bloccato ieri sera a Secondigliano: denunciato per inosservanza delle norme oltre che per possesso di droga. Ma i risvolti ci sono anche sui clienti: non potranno andare con disinvoltura nelle piazze di spaccio e potrebbero anche involontariamente aiutare le forze dell'ordine che, seguendoli, troverebbero i nascondigli dei pusher.

Il contraccolpo, negativo per la camorra, esiste anche sulle coperture dei latitanti che, per mantenere il proprio potere, devono restare stabilmente sul territorio dove il loro clan è influente o almeno tornarci di frequente. Come ha dichiarato Marco Di Lauro, arrestato dopo 14 anni di latitanza: lo cercavano in mezzo mondo, dall'Europa dell'Est a Dubai, ma dopo l'arresto ha confessato di non essersi praticamente mai mosso da Napoli.

Si tratta di reti fitte e complesse, in grado di organizzare gli spostamenti anche all'ultimo minuto, tanto che in diverse occasioni le forze dell'ordine sono state a un passo dalla cattura di superlatitanti ma sono arrivate pochi istanti dopo, trovando il letto ancora caldo e la tavola apparecchiata. Ma cosa succede se l'intera rete non ha provveduto a fare scorte di viveri e viene bloccata tout court o obbligata a fantasiose autocertificazioni (che saranno verificate) per gli spostamenti?

L'intero apparato di protezione può crollare e, come si dice in gergo, "si muovono i telefoni": i complici cominciano a parlare con meno prudenza perché c'è necessità di riorganizzarsi. E le catturandi possono fare terra bruciata intorno ai possibili nascondigli già individuati, preparando il blitz con la sicurezza di poter tenere sotto controllo tutte le vie di fuga e chiunque tenti di scappare all'ultimo. O, come capitato per il boss emergente della ‘ndrangheta, possono proprio essere i sodali a tradire involontariamente il capo: un latitante nascosto ha comunque bisogno di cibo e beni di prima necessità e un vivandiere, in una situazione come quella che stanno vivendo oggi tutti gli italiani, potrebbe essere meglio della strada lastricata di sassolini di Pollicino.

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