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Morto Gennaro Di Paola, uno degli ultimi partigiani di Napoli: aveva 97 anni

È morto a 97 anni Gennaro Di Paola, partigiano delle Quattro Giornate di Napoli, ieri 24 dicembre, nel giorno della vigilia di Natale. «Napoli è stata partigiana, è qualcosa che ti lascia il segno», aveva. raccontato a Fanpage.it. I funerali domani 26 dicembre a Massa Di Somma, con una delegazione dell’ANPI, di cui, a Napoli, era presidente onorario.
A cura di Gaia Martignetti
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[Gennaro Di Paola, partigiano /Foto Fanpage.it]
[Gennaro Di Paola, partigiano /Foto Fanpage.it]

È morto ieri, martedì 24 dicembre, Gennaro Di Paola, uno degli ultimi partigiani delle Quattro Giornate di Napoli. Nonostante avesse compiuto 97 anni a settembre, Di Paola andava ancora nelle scuole a raccontare ai ragazzi l'orrore degli anni in cui ha dovuto imbracciare il fucile per difendere la sua terra. «Io sono nato il 28 settembre del 1922, però la mia nascita fu dichiara al Comune il 1 ottobre e stranamente il 28 settembre del 1943, mi sono ritrovato con un fucile in mano», aveva raccontato a Fanpage.it lo scorso giugno. I funerali si terranno domani mattina, in  forma privata a Massa Di Somma, dove Di Paola viveva con la figlia. Ad accompagnarlo ci sarà una delegazione dell'ANPI di cui, a Napoli, era presidente onorario. Una vita la sua spesa a difendere la sua terra da giovane e una volta terminata la dittatura,  custodire la memoria di quello che è stato. In una lunga intervista a Fanpage.it aveva raccontato la sua storia, quella di uno dei partigiani più anziani.

Il 27 settembre del '43 i quartieri di Napoli, autonomamente, senza essersi organizzati, insorsero contro le truppe tedesche, riuscendo a liberare la città. Un'operazione di resistenza per nulla scontata, se si pensa che l'Italia veniva dal Ventennio fascista, Benito Mussolini era da poco stato arrestato e tutti i giovani, come Gennaro Di Paola, erano stati educati secondo i dettami del Duce. Già da bambini, raccontava, bisognava imparare tre parole, che sarebbero diventate cardine di tutta una vita: "Credere, obbedire, combattere". Ogni sabato erano obbligatorie le adunate sotto le lapidi dei caduti durante la Prima Guerra Mondiale. «L'esaltazione continua di quegli eroi, povera gente chiamata alle armi durante la guerra, o si presentavano o andavano i carabinieri». All'epoca a scuola si insegnavano materie come storia e cultura fascista e nessun professore poteva criticare il Regime, altrimenti sarebbe stato perseguitato. Era difficile riuscire a crescere senza la cieca osservazione di quei precetti, dato che anche le famiglie non osavano criticare il Fascismo all'epoca. «Avremmo potuto ripetere fuori quello che si diceva in casa e allora i genitori ci nascondevano tutto. C'erano i "capo palazzo". Questa figura fu istituita all'inizio della guerra perché dovevano fare le relazioni ai centri che c'erano in ogni quartiere, c'era il partito Fascista e dovevano informare di come si comportavano i cittadini, non era semplice. Ecco la dittatura».

Mussolini il 25 luglio del 1943 venne arrestato, molti antifascisti furono rilasciati e tornarono a casa, spiegando come il Duce aveva costruito una dittatura durata 20 anni. Inoltre in molti iniziarono a nascondere le armi nelle caserme, cercando il momento più adatto per ribellarsi ai tedeschi, alleati di Benito Mussolini. il 27 settembre del 1943 Napoli si rivolta. Ogni quartiere autonomamente imbraccia le armi. Donne, bambini, uomini, anziani, lottano per conquistare la libertà. Tra quelli che poi sarebbero diventati i partigiani, c'era anche un ragazzo di 21 anni, Gennaro Di Paola. «Noi all'Arenella, spiegava Di Paola, incominciammo a bloccare la via che portava al Cardarelli. Ogni quartiere di Napoli era insorto, donne uomini ragazzi, una cosa incredibile e noi fummo la prima città in Europa a ribellarci e quando parlano di Napoli, dei partigiani a Napoli io dico no, Napoli è stata partigiana è qualche cosa che ti lascia il segno». Lo stesso segno lasciato dai racconti di uno degli ultimi partigiani che, nonostante l'età, continuava a commemorare quelle giornate a Napoli, ad andare nelle scuole, a spiegare che finché non tutti sono liberi non è vita.

Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha espresso il suo cordoglio: “È morto Gennaro Di Paola, partigiano, protagonista delle quattro giornate di Napoli del settembre del 1943. Gennaro, insieme a tantissimi napoletani, donne e uomini spesso nemmeno maggiorenni, contribuì a liberare Napoli dall’occupazione nazifascista. Ogni anno ci incontravamo in piazza per le commemorazioni ufficiali e cantavamo bella ciao. Un anziano fiero e dolcissimo, un partigiano vero. Ciao Gennaro, mi sei stato tanto caro.”  Anche Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista ha ricordato la storia di Gennaro Di Paola.  "Esprimiamo cordoglio e commozione alla famiglia Di Paola per la perdita del caro Gennaro, partigiano, comunista, uno dei simboli e tra le voci più significative delle quattro giornate di Napoli. Una vita esemplare quella di Gennaro, sempre nel segno dell'antifascismo, della solidarietà e della giustizia sociale, dalla parte dei più deboli e nel nome del dialogo. È stato tra i fondatori del nostro partito, a cui non ha fatto mai mancare il suo sostegno. È doveroso ricordare Gennaro e la sua testimonianza per portare avanti ogni giorno i valori della Resistenza, della Costituzione della Repubblica Italiana e della lotta antifascista. Ciao Gennaro, che la terra ti sia lieve"

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