Morto per Coronavirus, la lettera d’addio della moglie Nunzia ad Arturo Ferrara

“Ecco Nunù, trovo un poco di forza per parlare di te amore mio. Oggi mi fa felice leggere tante meravigliose parole che ti hanno dedicato, si ripetono rispetto, stima, bontà, amore. È questa la più grande eredità che potevi lasciarci”. Inizia così la lettera di Nunzia Lungobardi al marito Arturo Ferrara, l'ex dipendente Asl di via Petrarca, quartiere Posillipo vittima a 67 anni del Coronavirus. Arturo non aveva patologie pregresse gravi, è scomparso mercoledì, 11 marzo, mentre era ricoverato in terapia intensiva all'ospedale Cotugno di Napoli per una crisi respiratoria. Al dolore della famiglia per la prematura scomparsa si è aggiunto anche quello di non poter potergli stare accanto negli ultimi attimi – i familiari, infatti, sono in autoquarantena a casa – né di poter celebrare i funerali pubblici, perché vietati dai decreti ministeriali. Stasera, alle ore 19, si terrà così un funerale virtuale ad Arturo. Chi vorrà, potrà lanciare al cielo un “Ciao Arturo” seguito da un applauso o una canzone. “Grazie – spiegano i familiari – chi vuole ci accompagni per favore”.
La lettera di Nunzia al marito scomparso per Covid-19
Molto toccanti le parole che Nunzia Longobardi ha voluto rivolgere con una lettera pubblica a suo marito scomparso. “Conservo tutto nel cuore – scrive Nunzia – i momenti di felicità, quelli di una grande lotta culminata con il premio più grande che la vita ci abbia potuto fare”. Le due figlie Claudia e Federica. “Hai avuto una vita felice – prosegue la lettera – con i tuoi grandi amori, hai avuto una sorella, Suor Speranza, che ti ama, fratelli acquisiti che sono stati riferimenti di grande amore, Carlo Longobardi, Fortuna Longobardi, Salvatore Longobardi. Del nostro incontro, il 29 aprile '76 mi dicesti con la tua innata semplicità: Nunu' vorrei mettere la mia A vicino alla tua N… la mia fragorosa risata, fu una risposta affermativa. Ebbe inizio la nostra vita assieme. Ti amo Arturino, Arturo Ferrara”.
I primi sintomi a fine febbraio, poi il ricovero lunedì scorso
Arturo, 67 anni, ex dipendente dell'Asl in pensione, aveva avvertito i primi sintomi del Coronavirus il 27 febbraio scorso. All'inizio curati come semplice influenza con antinfiammatori, antibiotici e riposo, ma la febbre a 38 gradi non accennava a scendere, poi l'aggravamento in polmonite. Poi la chiamata al Cotugno per i tamponi, quando sono emerse le prime complicazioni respiratorie. Lunedì il ricovero nel nosocomio partenopeo. Ma le condizioni si sono aggravate.