La piccola Noemi si è salvata grazie ai medici e al fato (o, per chi ci crede, alla mano di Dio): poteva morire per mano di un camorrista che voleva uccidere un uomo, quel giorno, in piazza Nazionale, alla luce del giorno. Al Vecchio Pellegrini, zona Pignasecca, cuore di Napoli pulsante di giorno e di notte, oltre al pregiudicato oggetto dell'agguato sono stati feriti anche due minorenni che si trovavano nel Pronto soccorso. In ospedale a Napoli entri per essere curato e finisce che muori per un proiettile destinato ad un altro.
I racconti americani della Detroit violenta, quelli dei bar messicani o i film di far west dove si spara per un nonnulla sembrano perfettamente aderire alla realtà della città di Napoli dove chissà perché ci si ostina a dire che in fondo va come altrove, dove nessuno parla di «emergenza criminalità», tutti fanno i distinguo e non analizzano un dato talmente semplice che ‘salta in faccia' a chiunque: in pochi giorni abbiamo rischiato di piangere altre vittime innocenti di camorra.
Ma cosa si aspetta per ammettere l'emergenza e intervenire? Ai tempi di Annalisa Durante, morta a Forcella durante una furiosa sparatoria tra camorristi, molti ammisero la sottovalutazione di quello che oggi il capo della polizia chiama «gangsterismo» ma che è in realtà violenza criminale basata sull'omertà e su un generale senso di impunità. A Napoli comandano loro e si sentono dei re. Ora tocca a tutti i livelli istituzionali anzitutto ammettere l'esistenza del problema "grosso assai" (c'è ancora qualcuno che si ostina a nascondere l'emergenza?) e poi ammettere che non bastano solo poliziotti, esercito, carabinieri a go-go. Serve un lavoro diverso, capillare, che non può escludere nessuno. Ora è il momento, non domani. Domani potremmo trovarci a piangere l'ennesima vittima innocente.