Napoli, l’ombra del racket dietro l’incendio della fabbrica di alluminio a Casoria
L'ombra della lunga mano del racket dietro l'incendio dello stabilimento di Casoria avvenuto questa mattina. Per ora è soltanto un'ipotesi, ma piuttosto inquietanti. Tanti, forse troppi, i punti di analogia con vicende simili, e del resto nella stessa zona dove è scoppiato l'incendio vi erano stati episodi intimidatori proprio nell'ultimo periodo. Per adesso, è bene ribadirlo, non ci sono ancora certezze, ma un ventaglio aperto di varie possibilità. Tra cui, quella che vede la mano del racket.
Come appreso dagli inviati di Fanpage.it che si trovano sul luogo dell'incendio, circa dieci giorni fa erano stati esplosi alcuni colpi di pistola contro i vetri ingresso di un'altra fabbrica, che si trova nei pressi di un'altra azienda che è di proprietà del gruppo di cui fa parte anche lo stabilimento andato oggi a fuoco. Cinque-sei giorni fa, invece, erano esplose due bombe carta, una delle quali era esplosa nei pressi di una palestra sempre nella zona di via dell'Indipendenza, dove si trova la fabbrica andata oggi in fiamme.
Questa la nota pubblicata dal Gruppo Cerbone immediatamente dopo l'incendio che ha colpito la propria fabbrica: "La Cerbone Alluminio spa comunica che l'incendio che ha colpito la sede di Casoria (NA) non interrompe le attività aziendali. Si precisa che la Cerbone svolge esclusivamente attività distributiva di profili in alluminio ed accessori per la costruzione di finestre. Inoltre si puntualizza che mai nessuno stabilimento della suddetta ha subito incendi prima d'ora". La precisazione è d'obbligo, visto che nelle primissime ore alcuni organi di stampa avevano erroneamente diffuso la notizia che ad andare in fumo fosse un sito di stoccaggio rifiuti.