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Napoli, sarà abbattuto l’ecomostro di viale Colli Aminei iniziato nel 1961. Sentenza dopo 20 anni

Sarà abbattuto il palazzo abusivo di viale Colli Aminei 11/A a Napoli, che si trova nella curva poco dopo l’ospedale CTO. L’immobile fu iniziato nel lontano 1961, ma mai finito. Il Comune di Napoli, dopo la revoca delle concessioni edilizie e il diniego di condono, ne aveva ordinato la demolizione nel 2001, ma era stata annullata dal Tar per un vizio di forma. Dopo quasi 20 anni è arrivata la sentenza del Consiglio di Stato che ha ribaltato il giudizio di primo grado, dove anche Legambiente Campania Onlus si era costituita.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Sarà abbattuto il palazzo abusivo di viale Colli Aminei 11/A a Napoli, che si trova nella curva poco dopo l'ospedale CTO. L'immobile fu iniziato nel lontano 1961, ma mai finito. Il Comune di Napoli, dopo la revoca delle concessioni edilizie e il diniego di condono, ne aveva ordinato la demolizione nel 2001, ma era stata annullata dal Tar per un vizio di forma. Dopo quasi 20 anni è arrivata la sentenza del Consiglio di Stato che ha ribaltato il giudizio di primo grado, dove anche Legambiente Campania Onlus si era costituita ad opponendum. Il palazzone di 6 piani, nel corso degli anni diventato anche ricovero per tossicodipendenti e senzatetto, come riscontrato dalla Polizia Municipale, adesso andrà abbattuto. “Ce l'abbiamo fatta – commenta la Consigliera comunale Laura Bismuto (Gruppo Misto), che si è battuta per anni per risolvere la questione – Finalmente il Comune chiude una vicenda sessantennale, vincendo la causa. L'ecomostro va abbattuto”. E adesso i cittadini si interrogano su quale sarà il destino dell'area.

La sentenza: “L'immobile è abusivo, va abbattuto”

Una storia lunghissima quella dell'immobile di viale Colli Aminei 11/A ricostruita nelle pagine della sentenza del Consiglio di Stato. La decisione dei giudici è arrivata il 18 dicembre 2019, ma è stata comunicata al Consiglio Comunale il 22 giugno scorso. “Il fabbricato di 6 piani – si legge nelle carte dei tecnici dell'Urbanistica – allo stato grezzo, fu iniziato nel 1961, ma mai completato”. Il braccio di ferro per l'abbattimento ha tenuto impegnati la società costruttrice Gesamar Srl, poi incorporata nella SocIsi Arl, e Palazzo San Giacomo per anni. Una battaglia fatta di ricorsi e controricorsi.

Il 2 gennaio 2002, come ricostruisce il Consiglio di Stato nella sentenza firmata dal presidenteRaffaele Greco, estensore consigliere Francesco Guarracino – “a seguito dell'annullamento delle concessioni edilizie e al diniego di condono edilizio e al conseguente rinnovo dell'ordine di demolizione già fatto nel 2001, iniziarono le operazioni di demolizione. Tuttavia l'intervento fu sospeso in seguito all'accoglimento del Tar della sospensiva chiesta dalla Società contro il diniego di condono. Ma si rese necessario effettuare i lavori di messa in sicurezza delle parti di fabbricato interessate dall'abbattimento. I lavori terminarono nel 2002”. Il Tar annullò il diniego di condono per “vizio procedimentale per la mancata acquisizione del parere della commissione edilizia”.

Il Comune però fece ricorso in appello sostenendo, tra le altre cose, che l'allora “sindaco non era obbligato ad acquisire il parere degli organi tecnico.-consultivi come la Commissione Eidilizia” e di certo “non in relazione alla verifica dei presupposti di carattere generale fissati dalla legge per la condonabililità degli abusi (trattandosi di un diniego di condono motivato per dolosa infedeltà della domanda e per manato completamento funzionale delle opere sia alla data del 1 ottobre 1983 che alla data del 31 dicembre 1993”)”. Il Consiglio di Stato ha ritenuto il motivo fondato: “Il parere della Commissione Edilizia non è necessario ai fini dell'emanazione di atti repressivi di abusi edilizi, né ai fini del rigetto di istanze di condono o sanatoria”. Un secondo ricorso per l'annullamento delle concessioni edilizie diede ragione al Comune, ma la sentenza fu impugnata al Consiglio di Stato.

La Polizia Locale: “Era diventato ricovero per tossicodipendenti”

Nel corso degli anni, come ricostruito nella sentenza, la Polizia Municipale nell'aprile 2001, a seguito di un sopralluogo, aveva constatato che il fabbricato “è divenuto ricovero di tossicodipendenti e vagabondi che hanno sistemato alcune brandine all'interno di esso. Tutto il sito è caratterizzato dalla presenza di siringhe abbandonate, suppellettili, sporcizia, erbacce incolte, tali da pregiudicare la decenza e la sicurezza igienico sanitaria dei fabbricati adiacenti”. I supremo organo giudiziario amministrativo, quindi, ha riscontrato anche ragioni di ordine “igienico-sanitario e di sicurezza pubblica”.

I cittadini: ora sia restituito al quartiere

Esultano i comitati ambientalisti. “Seguo questa vicenda da anni – racconta la consigliera Laura Bismuto – e finalmente, non mi pare vero, si sia arrivati a un punto di svolta. Dopo circa 60 anni dal primo mattone – tra concessioni ottenute e poi annullate, tra ricorsi e contro ricorsi – arriva la fantastica notizia: il Comune di Napoli vince l’estenuante battaglia durata decenni. L'ecomostro va abbattuto. La ditta adesso dovrebbe abbattere l'immobile, in caso contrario dovrà intervenire il Comune di Napoli in danno. Il mio ringraziamento più sentito va all’Avvocatura del Comune di Napoli per la tenacia, per l’eccellente lavoro svolto e per l'epico risultato raggiunto”.

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