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Omicidio Bifolco, si chiude il processo: la ricostruzione del caso

Dopo la discussione, il giudice Ludovica Mancini potrebbe emettere la sentenza, giudicando l’imputato Giovanni Macchiarolo per omicidio colposo per imperizia nell’uso delle armi, ma c’è un altro scenario: la riformulazione del capo di imputazione sulla base dei rilievi fatti dalla parte civile, da omicidio colposo a volontario.
A cura di Gaia Bozza
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Oggi potrebbe chiudersi il processo per l'omicidio di Davide Bifolco, ucciso al Rione Traiano di Napoli la notte del 5 settembre 2016 dal colpo di pistola di un carabiniere. Davide era sul motorino con altri due ragazzi, ed è morto al termine di un inseguimento con un unico colpo sparato dal carabiniere. Le possibilità sono due: dopo la discussione, il giudice Ludovica Mancini potrebbe emettere la sentenza, giudicando l'imputato Giovanni Macchiarolo per omicidio colposo per imperizia nell'uso delle armi: la condanna chiesta dal pm era di tre anni e quattro mesi. Ma c'è un altro scenario: la riformulazione del capo di imputazione sulla base dei rilievi fatti dalla parte civile, da omicidio colposo a volontario. In questo caso, potrebbe partire un nuovo procedimento. Come Fanpage.it ha rilevato, i dubbi e i punti oscuri su questo caso sono tanti.

La dinamica dello sparo

Il carabiniere imputato per la morte di Davide Bifolco dà due versioni diverse della dinamica dello sparo, parlando di un colpo accidentale. In un primo interrogatorio, la descrive in questo modo, parlando di una colluttazione e di un inciampo: “Io riesco a fermare il soggetto che stava guidando il motoveicolo, che era quello che indossava un giubbino rosso. (…) Trattenevo con la mano sinistra il soggetto che cercava di divincolarsi e con la destra impugnavo l’arma da fuoco. (…) sono inciampato sul marciapiedi e stando per cadere, ho inavvertitamente fatto esplodere un colpo della pistola che detenevo ancora nella mia mano destra”. L'altra versione parla di un dito che scivola sul grilletto e "non so neanche io come sia potuto accadere".  Ci sono due punti che non tornano: il primo riguarda il caricamento dell'arma che  andrebbe fatto solo in caso di emergenza, come prescritto nel manuale dei Carabinieri; il secondo riguarda la dinamica che vede un militare nel tentativo di arrestare una persona con una sola mano, tenendo nell'altra la pistola pronta a sparare: un dito può scivolare "da solo" su un grilletto? Il consulente della Procura in carico della perizia ha confermato che lo sparo avviene solo quando c'è una pressione sul grilletto della pistola, e non attraverso urti accidentali. Nessuno ha mai chiesto conto al carabiniere di queste contraddizioni. Inoltre, il tempo che intercorre tra l'incidente e lo sparo (come si evince da un video di una telecamera di sorveglianza fatto acquisire dal legale della famiglia, Fabio Anselmo) è solo una manciata di secondi. Troppo poco per ingaggiare una colluttazione che possa coincidere con uno sparo accidentale, e infatti alcune testimonianze, che sono discordi in altri punti, concordano con l'assenza di colluttazioni.

La Procura esclude lo sparo accidentale

Il consulente balistico della Procura si esprime, nelle sue dichiarazioni come nella sua consulenza, per uno sparo né mirato né accidentale: “Lo sparo di questo colpo  – ha dichiarato in aula – è avvenuto perché è stato premuto il grilletto, non può mai avvenire da urti accidentali o cose, questo è fuori discussione”. Ma non c'è accordo sulla distanza dello sparo, poiché i tempi che intercorrono tra l'incidente e l'omicidio del ragazzo sono molto brevi, pochi secondi. Il consulente balistico indica una distanza di un metro e mezzo, ma è una distanza decisamente breve che è difficile possa essere coperta in pochi secondi.

Il bossolo mai ritrovato

Il bossolo non è stato mai ritrovato. Esiste una dichiarazione, quella di Assunta Palanca, una delle persone sentite sul caso: “Riprecisando che Giovanni [Festinese], così come Nunzia, stava sempre accanto a me, ricordo che lui disse qualcosa in relazione al bossolo, del tipo: il carabiniere sta prendendo il bossolo, cosa che io non ho visto e non sono oggi in grado di dire a quale carabiniere si riferisse”. Ma Giovanni Festinese non è stato mai sentito dagli inquirenti.

La presenza del "latitante"

Più volte i carabinieri hanno affermato che su quel motorino c'era un latitante, Arturo Equabile, che doveva essere catturato. Una circostanza smentita dall'interessato, da un altro ragazzo, Enzo Ambrosio, che dichiarò di essere lui il terzo passeggero del motorino e da alcune testimonianze. E poi dalle conversazioni radio che il legale della famiglia, Fabio Anselmo, ha fatto acquisire, emerge che il ragazzo identificato "al centro" del motorino come Arturo Equabile è Davide Bifolco poiché viene descritto come vestito di bianco e Davide è l'unico che indossa vestiti chiari. Uno scambio di persona che potrebbe essere stato fatale.

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