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Salva-Napoli, il Viminale riapre l’istruttoria sul Comune: piano di rientro da rifare. Serve un miliardo

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sarà scongelata l’istruttoria sul piano di rientro dal debito al ministero dell’Interno, bloccata dal 2018. Palazzo San Giacomo dovrà trovare le coperture per coprire il nuovo disavanzo da un miliardo. Si spera in un prestito dallo Stato.
A cura di Pierluigi Frattasi
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L'emendamento al Milleproroghe, ribattezzato Salva-Napoli, ridà fiato ai Comuni, rinviando di un anno l'effetto della sentenza della Corte Costituzionale. Tra gli effetti secondari ci sarà probabilmente quello di traghettare l'amministrazione de Magistris fino alla scadenza di mandato naturale. Ma il provvedimento non scongiura del tutto lo spettro del dissesto per Napoli. A Palazzo San Giacomo è già aperta la caccia al miliardo di euro necessario per coprire il nuovo disavanzo emerso dopo la decisione della Consulta. Un buco che andrà recuperato, a partire dal 2021, probabilmente in 15-20 anni. Bisogna trovare tra i 50 e i 100 milioni all'anno. I ragionieri di Palazzo San Giacomo sono già al lavoro per individuare nuove fonti di entrate. Ma l'operazione non è semplice, visto che le strade più promettenti già percorse, come la vendita delle case popolari e la lotta all'evasione, finora non hanno dato i risultati sperati. Mentre su un altro fronte bisogna fare i conti con le difficoltà di cassa attuali, col Comune in perenne crisi di liquidità e legato ai prestiti delle banche per pagare gli stipendi delle società partecipate. I mutui con gli istituti di credito attualmente ammontano a circa 2 miliardi di euro, su 4 miliardi complessivi di debiti. Prestiti che si reggono proprio sulla credibilità dell'Ente.

Per il Salva-Napoli serve un mega-prestito dallo Stato

L'emendamento al Milleproroghe targato Pd-M5S, chiamato Salva-Napoli, attualmente in discussione alla Camera, in realtà è una norma transitoria che serve a coprire un vuoto di una legge che oggi non esiste più, perché cancellata dalla Corte Costituzionale, ma che era stata applicata dai Comuni prima che fosse dichiarata illegittima. Non ha carattere strutturale. Non serve ad aiutare i Comuni in difficoltà: nei guai ci sono anche Torino, Reggio Calabria e Catania. Per cui è molto probabile che il Governo dovrà intervenire direttamente con una norma ad hoc. Il vero Salva-Comuni, invece, potrebbe arrivare nei prossimi mesi, attraverso un mega-prestito dallo Stato dal fondo di rotazione nazionale.

Quando? Negli ambienti romani corrono diverse ipotesi e le occasioni potrebbero essere tante, dall'inserimento in un Decreto Crescita Bis che si vocifera potrebbe arrivare a giugno, in un decreto enti locali tra agosto e settembre, oppure nella prossima legge di Stabilità. A Palazzo San Giacomo ci sperano. Ma oltre che sulla tempistica ci sono dubbi anche sull'entità del prestito. Un'altra soluzione potrebbe essere la riforma del dissesto, all'attenzione, a Roma, di un tavolo di esperti, a cui siede anche il viceministro dell'Economia Laura Castelli. Attualmente però si è impantanato su alcuni punti, come la figura del commissario-assessore al Bilancio, ritenuta da alcuni come una commistione tra controllato e controllore.

Ma quali sono gli scenari che si aprono per Napoli nei prossimi mesi?

Il Viminale chiederà al Comune di rifare il piano di rientro

Il ministero dell'Interno, che ha la competenza sui piani di riequilibrio dei Comuni in pre-dissesto come Napoli, si prepara a riaprire a breve l'istruttoria sul piano di rientro del capoluogo partenopeo, congelata l'anno scorso nell'attesa della decisione della Corte Costituzionale. Il Comune, quindi, grazie all'emendamento del Milleproroghe potrà chiudere il rendiconto 2019 senza tenere conto della sentenza. Ma il Viminale potrebbe chiedere a Napoli di rimodulare invece già da subito il piano di riequilibrio, inserendo il miliardo di nuovo disavanzo.

La sentenza della Corte Costituzionale, intervenuta un mese fa sul caso del bilancio del Comune di Napoli, ha riattivato, infatti, una serie di procedure che erano state sospese proprio nell'attesa del verdetto. Tra queste, appunto, l'istruttoria del Viminale sulla riformulazione del piano di riequilibrio fatta dal Comune di Napoli nel 2018 e la verifica della Corte dei Conti sul raggiungimento degli obiettivi del risanamento. Napoli, infatti, è in piano di rientro dal 2013 e ogni anno deve recuperare una quota di disavanzo, che attualmente ammonta a 1,7 miliardi di euro. A questi, dal 2021, si aggiungeranno altri 1,1 miliardi, per un totale di 2,8 miliardi. Se il Comune di Napoli non interviene già da subito, individuando le risorse necessarie a coprire l'extradeficit, tra un anno rischia di trovarsi impreparato.

Perché si è arrivati a questo punto?

Per capire cosa sta succedendo a Roma, bisogna fare un passo indietro. Il Comune ha cambiato più volte il piano di rientro in questi anni. Il piano iniziale del 2013 prevedeva di recuperare un disavanzo di 850 milioni. Nel 2015, con la riforma della contabilità pubblica, il Municipio fa un riaccertamento dei crediti non riscossi (residui attivi) e il disavanzo sale a oltre un miliardo. Il piano allora viene riformulato a settembre 2016. Ma quest'ultima versione viene bocciata dalla Corte dei Conti della Campania, che nell'ottobre 2017, con la delibera 240, impone per la prima volta il blocco della spesa al Comune, che fa ricorso.

Nel frattempo, l'Ente a febbraio 2018 riformula per la seconda volta il piano, puntando tutto sulle dismissioni, mettendo sul mercato alcuni beni di pregio, come l'Albergo dei Poveri, le Terme di Agnano e persino la sede del Consiglio comunale di via Verdi. Il piano riformulato viene poi inviato al Ministero dell'Interno per l'istruttoria.

Con la Legge Finanziaria 2018, intanto, a dicembre 2017, il Parlamento dà una nuova interpretazione sulla norma della finanza locale, consentendo ai Comuni di accantonare il Fondo di Anticipazione di Liquidità (FAL) dentro il Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità (FCDE). In questo modo, i prestiti avuti dallo Stato possono essere utilizzati per ridurre il disavanzo e recuperare risorse per fare altre spese. Intanto, arriva la sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti sul ricorso del Comune contro la delibera 240/2017. I giudici romani in parte lo accolgono e in parte danno delle prescrizioni. Il Comune ad aprile 2018 adotta i correttivi richiesti, ma contemporaneamente, sulla scorta della nuova interpretazione della Finanziaria 2018, fa un nuovo riaccertamento dei crediti non riscossi dal 2015 in poi e, accantonando il FAL nell'FCDE, riduce il disavanzo di 1,1 miliardi. Quindi, riapprova tutti i rendiconti dal 2015 al 2017.

Interviene ancora la Corte dei Conti della Campania che con la delibera 107 del settembre 2018 dispone di nuovo il blocco della spesa. Per i magistrati napoletani il riaccertamento è stato sbagliato e anche il piano di dismissioni viene ritenuto non idoneo. Il Comune fa di nuovo ricorso alle Sezioni Riunite e, a novembre 2018, riformula per la terza volta il piano: le dismissioni immobiliari vengono ridimensionate, mentre si punta sulla lotta all'evasione. Vengono emessi 600mila avvisi per la Tari, diffide per le morosità dei canoni delle case popolari e degli altri tributi locali.

Il 2019 inizia male. I revisori dei conti del Comune, che fanno la verifica semestrale del piano di rientro, bocciano per la seconda volta il documento (avevano dato giudizio negativo anche l'anno prima). Il Governo, inoltre, taglia l'anticipazione di cassa che normalmente viene concessa ai Comuni a inizio anno, da 4 a 3 dodicesimi. Palazzo San Giacomo va in sofferenza. Non si possono pagare gli stipendi delle coop. Lo Stato, però, viene in soccorso dei Comuni attraverso delle anticipazioni di liquidità fatte tramite Cassa Depositi e Prestiti, da restituire entro l'anno. Il Municipio partenopeo chiede 200 milioni. A febbraio 2019, le Sezioni Riunite si pronunciano sul ricorso del Comune contro la delibera 107/2018: in parte lo rigettano, mentre per la questione riguardante il FAL e l'FCDE rinviano alla Corte Costituzionale. Nelle more, sospendono la delibera 107/2018 della Corte dei Conti della Campania.

La tagliola della Corte dei Conti

Con la Finanziaria 2020, l'anticipazione di cassa dello Stato risale a 5 dodicesimi. Questo ridà fiato alla liquidità del Comune. La Corte Costituzionale, però, lo scorso gennaio si pronuncia sull'uso del FAL nell'FCDE, dichiarandolo illegittimo. Nel caso di Napoli, la palla ora torna alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, che potranno completare la sentenza. Dopodiché, la decisione sarà trasmessa alla Sezione della Corte dei Conti della Campania, che potrebbe decidere di riconfermare la delibera del 2018 sul blocco della spesa o dichiarare eventualmente il dissesto. Oppure, prendere atto di un eventuale nuovo Salva-Napoli che potrebbe arrivare nei prossimi mesi.

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Giornalista professionista dal 2016, per Fanpage.it segue la cronaca di Napoli, con particolare riferimento ai settori politica, istituzioni, trasporti, Sanità, economia. Ha collaborato in passato con i quotidiani “Il Mattino”, “Roma”, “Il Fatto quotidiano.it” e con l'agenzia di stampa Italpress. Nel 2014 ha vinto il Primo Premio al Premio di Giornalismo “Francesco Landolfo”. Per l'attività giornalistica svolta è stato ospite di trasmissioni televisive e radiofoniche (tra le quali Agorà, RaiRadio2, TgCom24, Radio Kiss Kiss Napoli, Radio Marte, Radio Amore Napoli, Canale 8). Moderatore di convegni e dibattiti pubblici per Provveditorato per le Opere Pubbliche della Campania e Molise, Banca Fideuram – Intesa Sanpaolo, Eurispes. Ha svolto attività di ricerca scientifica di carattere storico-economico. È autore dei saggi pubblicati su Meridione, Sud e Nord del Mondo: "La ristrutturazione industriale negli anni ’70 del Novecento. I salvataggi Gepi di imprese campane" (Esi, 2013), "Espansione e sviluppo dell’industria aerospaziale campana negli anni ’70 del Novecento" (Esi, 2013), e "Pensiero meridiano e politiche europee per il Mediterraneo" (Esi, 2010).
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