La Campania non è una regione per giovani, né per chi ha pochi soldi in tasca. Non lo era prima della pandemia e non lo è certamente adesso. Anzi. Lo stato dell’arte, se così si può dire, è peggiorato con la cosiddetta Fase 2. Questo almeno ci dicono le notizie salite agli onori della cronaca nelle ultime ore. Prendiamo il caso delle spiagge pubbliche vietate ai non residenti e a chi non è titolare di una seconda casa in penisola sorrentina, con l’esempio a dir poco imbarazzante del sindaco di Meta, che addirittura pare si sia presentato in prima persona in stazione a effettuare “respingimenti” (in virtù di quale norma, verrebbe da chiedere?) dei bagnanti che ieri avrebbero tentato di arrivare al mitico spiaggione della cittadina costiera. Perlopiù giovani, squattrinati e senza padrini politici.
Per non parlare del comportamento di quella che Legambiente definisce “la peggiore ferrovia d’Italia”, caso esemplare per quanto fallimentare di gestione del trasporto pubblico (a onor del vero, si tratta di un fallimento più che decennale, che arriva da lontano), quella Circumvesuviana che sopprime le corse nel fine settimana proprio verso le località della penisola sorrentina tanto agognate dai bagnanti mordi e fuggi. Sempre loro: giovani, squattrinati e senza padrini politici.
Vogliamo aggiungere un altro fulgido esempio di quanto essere giovani in Campania possa rivelarsi una disdetta?
A lungo si è parlato, nel pieno della pandemia, di come bisognasse partire dai giovani, dalla cultura, dal nostro patrimonio comune di bellezza. Ebbene. Dalle nostre parti questo discorso è stato recepito con così veemente intensità dal Teatro San Carlo che il cartellone estivo in piazza del Plebiscito, finanziato da risorse pubbliche, ha prezzi di acceso talmente esorbitanti (parliamo di biglietti che vanno dai 60 ai 300 euro) da rendere praticamente impossibile l’ingresso a chiunque non abbia un reddito da persona più che benestante. Anche qui, niente da fare per i giovani. Che poi naturalmente accusiamo di non essere interessati a nulla se non ai loro smartphone. All’Opera meglio mandarci i più anziani con robuste pensioni.
Si troveranno cavilli tecnici, la si butterà in caciara, si spingerà forte sulle paure delle persone e si dirà che tutto ciò che non si sposa al pensiero di lor signori è populismo, ma la verità è che questi tre esempi da soli servono a illustrare la considerazione di cui godono i giovani nella nostra terra, soprattutto quelli che non hanno la fortuna di avere seconde case o genitori facoltosi. È una vergogna bella e buona, il termometro di una situazione che non trova giustificazione alcuna. Messa così, non deve poi risultare strano il fatto che i nostri giovani, appena ne hanno la possibilità, se ne vanno. Perché qui non c’è nessuno che li prenda sul serio, nessuno che si occupi di loro, né di rappresentarli.
Unico esempio che fa intravedere un po’ di luce in fondo a un tunnel davvero buio: al Museo Madre, nel centro storico della città, nel silenzio di chi lavora e non fa rumore, tuti gli eventi della “factory” per i più piccoli, hanno superato la terza settimana di tutto esaurito. Come a dire: un modo inclusivo e intelligente per avvicinare i più giovani all’arte e alla bellezza esiste ed è praticabile. Lì i giovani sono ben accetti e addirittura non gli si chiede di pagare. Che dire: si tratta di un’isola felice in mezzo al mare di dinosauri moribondi di cui è piena (troppo piena) la nostra terra.