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Sentenza Bifolco, per il giudice il carabiniere aveva il dito sul grilletto ma non voleva sparare

Le motivazioni della sentenza per l’omicidio di Davide Bifolco, il 17enne ucciso da un carabiniere: “Al momento dello sparo, pur senza puntare senza cioè assumere una posizione volta ad una ponderata collimazione di un bersaglio, (Macchiarolo, ndr) aveva certamente il dito sul grilletto della pistola. Tuttavia l’imputato non voleva sparare”
A cura di Gaia Bozza
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Il 5 Agosto scorso il Tribunale di Napoli ha reso pubbliche le motivazioni della sentenza per la morte di Davide Bifolco, il diciassettenne del Rione Traiano di Napoli ucciso da un colpo di pistola di un carabiniere nella notte tra il 4 e il 5 Settembre 2014.
L'appuntato dei carabinieri Giovanni Macchiarolo è stato condannato a quattro anni e quattro mesi di reclusione per l'omicidio colposo di Davide, stroncato da un unico colpo di pistola che gli ha trapassato il cuore e l'aorta.

Le motivazioni: “Il carabiniere aveva il dito sul grilletto e la pistola carica, ma non voleva sparare”

Il giudice Ludovica Mancini non ha accolto la richiesta della difesa della famiglia Bifolco, assunta dall'avvocato Fabio Anselmo, di trasmettere gli atti al pm per l'omicidio volontario con dolo eventuale, perché ha ritenuto inattendibili le testimonianze di chi aveva visto l'omicidio di Davide a causa di alcune contraddizioni, perché la scena del delitto era stata irrimediabilmente alterata e per le “concrete difficoltà a ricostruire l'iter e l'esito del processo decisionale dell'agente”. Sulla scorta delle considerazioni del perito dell'accusa, Carmine Baiano, per il giudice “al momento dello sparo, pur senza puntare senza cioè assumere una posizione volta ad una ponderata collimazione di un bersaglio, (Macchiarolo, ndr) aveva certamente il dito sul grilletto della pistola. Tuttavia l'imputato non voleva sparare cagionando la morte di Davide Bifolco, né cagionandone una mera lesione, né invero voleva sparare in assoluto”. Prima di premere il grilletto, però, il carabiniere era sceso dall'auto e aveva caricato la pistola, senza sicura. Per il giudice, è credibile l'ipotesi di un inciampo con il dito sul grilletto.
“L'irreversibile alterazione della scena del crimine – continua il giudice – non ha consentito né consentirebbe di risalire con certezza alla posizione esatta dello sparatore e della vittima, con la conseguenze inutilità di ogni ulteriore incombente anche di natura peritale, del quale resterebbe evidentemente l'irrilevanza a ragione dei risultati di mera probabilità scientifica che ne potrebbero derivare”. Per questo, la sentenza pronunciata è stata quella di omicidio colposo per “imprudenza, negligenza, imperizia nonché inosservanza di regolamenti e discipline” come l’obbligo “di sicura padronanza e di adeguata capacità di impiego delle armi in dotazione” con l'aggravante di aver agito “in violazione ai doveri ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio”.

Le domande senza risposta

Davide Bifolco era su un motorino con altri due ragazzi, venne speronato e poi ucciso. Quella notte i carabinieri cercavano Arturo Equabile, un latitante condannato per furto, ma su quel motorino la sua presenza non è mai stata confermata. Sulla morte di Bifolco restano molti dubbi. Più volte si è fatto riferimento alle contraddizioni tra le testimonianze raccolte dalla difesa della famiglia Bifolco. Ma anche le testimonianze offerte agli inquirenti dai colleghi del carabiniere Giovanni Macchiarolo presentano diverse incongruenze, come ricostruito da Fanpage.it in un articolo, e lo stesso imputato ha cambiato diverse volte la sua versione, parlando di un inciampo e di una colluttazione con l'altro ragazzo rimasto vicino al motorino con Davide. Dalle conversazioni radio di quella notte e dalle testimonianze emerge però che tra l'incidente con il motorino e lo sparo passa solo una manciata di secondi e i colleghi non dicono di aver visto colluttazioni. Altra circostanza non meglio chiarita è l'alterazione della scena del delitto, in parte dovuta ai disordini scoppiati dopo la morte del ragazzino. Ma il bossolo non è stato più ritrovato: una testimone ascoltata dall'avvocato dei Bifolco, Fabio Anselmo, riferiva una circostanza inquietante che le sarebbe stata raccontata da un altro teste, e cioè che il bossolo sarebbe stato fatto sparire da un carabiniere. Ma la persona non è mai stata ascoltata dagli inquirenti per smentire o confermare questa circostanza. La posizione del bossolo è importante per capire le distanze e la traiettoria.

Durante l'inchiesta, proprio le distanze tra il carabiniere e il ragazzo sono state oggetto di discussione. Il consulente della Procura poneva il carabiniere Macchiarolo ad una distanza di massimo 1,50 m da Bifolco e lo collocava in “posizione anomala” ossia non a braccio teso in fase di puntamento, quindi piuttosto vicino alla vittima. Bifolco è stato trovato morto a metà di una aiuola. Al contrario, per la difesa della famiglia di Davide questo posizionamento del carabiniere è incompatibile con i pochi secondi passati tra l'impatto e lo sparo. Inoltre, il consulente dei Bifolco colloca Macchiarolo vicino al marciapiede: lo stesso imputato aveva ammesso in sede di interrogatorio di essere inciampato sul marciapiede. In questo modo, la distanza aumenta: circa 4 metri e 40. Per il consulente della Procura, Bifolco potrebbe aver fatto alcuni passi in avanti dopo essere stato colpito, ma la posizione del suo corpo, così come lo vede uno dei colleghi di Macchiarolo, è identica a quella che assumeva negli ultimi istanti di vita. Un colpo al cuore non lascia molto scampo. Arretrando la distanza, inevitabilmente il braccio si distende e il colpo da non mirato, potrebbe diventare mirato.

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