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Vi racconto una napoletana a Milano alle prese coi trasporti pubblici

Nella stessa settimana che preparava il rilancio della azienda partenopea che si occupa della mobilità dei partenopei io mi trovavo a Milano e provavo l’ebbrezza di spostarmi da una parte all’altra della città su comodi autobus effettuando anche due cambi, senza attese eccessive, senza corse al cardiopalma, senza stress.
A cura di Chiara Arcone
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Non badate più alle pellicce e ai vestiti inopportuni. Per riconoscermi in quanto napoletana a Milano basta osservare una cosa: la corsa per prendere i mezzi di trasporto.
Nella stessa settimana che preparava il rilancio della azienda partenopea che si occupa della mobilità dei partenopei io mi trovavo a Milano e provavo l'ebbrezza di spostarmi da una parte all'altra della città su comodi autobus effettuando anche due cambi, senza attese eccessive, senza corse al cardiopalma, senza stress.
Lo so cosa state pensando “che provincialotta!”. In realtà, sì. Mi sono sentita tale. Non era la prima volta che mi allontanavo da Napoli, non era la prima volta che mi trovavo a Milano. Ma era l'ennesima volta che per non perdere una metro meneghina mi ritrovavo a correre per le scale mobili in modo del tutto inopportuno perché non c'era motivo di avere paura di perdere una metro.
Lo scatto atletico per non perdere la Linea 1 potrebbe gareggiare alle olimpiadi universitarie che si terranno a Napoli.
A tutti sarà capitato di sentire, all'improvviso, mentre si scende in metro, il suono del treno che sta arrivando. A tutti sarà capitato di iniziare a correre, chiedere permesso a chi ancora non ha imparato da che parte stare, non pretendo nella vita, ma almeno sulle scale mobili, a tutti sarà capitato di iniziare la giornata così, con quella corsa che separa te dal ritardo e dall'attesa del prossimo treno che passerà (?), non si sa.
Ed invece, a Milano il tempo di attesa è massimo di … , non ve lo so dire. C'era sempre! Ma la mia “provincia cronica”, come cantano i Baustelle, l'ho avvertita soprattutto mentre sudavo nel sentire il suggerimento di scendere dell'autobus che avevo preso. Meglio l'altra linea che mi avrebbe portato più vicina al luogo da raggiungere. Io pensavo di dover aspettare il nuovo autobus in eterno ed invece ho atteso il tempo di mandare un sms all'azienda per ricevere il biglietto sul cellulare. Eppure, provinciale non sono. Certo, vivo nella amena e bucolica zona dei paesi vesuviani ma a Napoli spendo la maggior parte del mio tempo e, dato che la metro passa ogni 15 minuti – se si è fortunati- e i pullman hanno un fuso orario tutto loro, posso affermare che la maggior parte del mio tempo è fatto di attese. Attese del trasporto pubblico campano. Sotto questo punto di vista, Napoli non ha provincia. E' provincia di se stessa. Ed io la devo ringraziare per farmi sentire sempre così poco avvezza alla modernità del trasporto pubblico!
Provinciale per i pendolari, capitale mondiale per i turisti! Infatti,un detto recita che a Napoli piangi due volte, quando arrivi e quando parti. Sarà perchè se devi arrivare a Capodichino prendi la sola linea che sembra passare in orario, l'Alibus! E ti commuovi. Dopotutto, di cosa mi lamento, abbiamo i turisti, abbiamo ottobre che pare aprile e il clima più bello del mondo. Meno male, almeno quello. Così, quando resto a piedi perché non mi va di aspettare venti minuti per una metro, almeno, mi godo la passeggiata.
Uh, scusate, un messaggio: è la community di Telegram dell'Eav che mi avvisa che per mancanza materiale verrà soppresso qualche altro treno della circumvesuviana. Altro giro, altra corsa, altro ritardo.

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