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Covid 19

Focolaio o fesseria? Così Vomero e Arenella stanno impazzendo appresso al Coronavirus

Focolaio, cluster epidemico, casi isolati: chi vive nel quartiere residenziale del Vomero, a Napoli, sta impazzendo appresso alle notizie di segno opposto che arrivano dalle istituzioni. La Regione parla di allarme, il Comune smentisce. Nel frattempo ad ogni manifesto a lutto, ad ogni ambulanza, ad ogni notizia di ricovero, la paura si rinnova.
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«Ma si sa di che è morto?». C'è un manifesto a lutto e una serranda abbassata, la domanda arriva ovattata da una bocca anziana coperta dalla mascherina. Un tempo era domanda di vecchio, «di che è morto», oggi è questione di interesse nazionale e si fermano pure i giovanotti, appizzano ‘e rrecchie, cercano di capire cosa e dove. È morto di Coronavirus? Lo vedi che poi veramente ci sta il focolaio? «No, era già malato». Teneva «chella là», «la brutta malattia», il cancro, insomma, che ormai è stato archiviato nella testa del popolino dove esiste solo il Coronavirus: non si muore di cancro, non si muore di ictus, di infarto, di malattie degenerative, di diabete. Solo di Covid si muore o si vuol sapere.

Al Vomero, poi, è un continuo: si racconta di una assemblea di condominio in zona via Giacinto Gigante in cui quasi si veniva alle mani: un positivo nel palazzo e il tampone lo volevano tutti, tutti avevano paura e ne avevano e ne hanno ben donde: tanti anziani, tanti con problemi pregressi e un televisore acceso h24 che trasmette ora dopo ora sempre numeri, morti, contagiati, restate a casa, lavatevi le mani, saturimetro, mascherine, amuchina.

Qualche giorno fa ci si è messo Vincenzo De Luca: «C'è un piccolo focolaio al Vomero». Piccolo è come dire «un po' incinta»: o c'è o non c'è. E se c'è dov'è? Ma poi è Vomero-Vomero o Arenella? Dalle parti del Rione Alto, forse, dove ci sono gli ospedali. Ma no, è dove vivono tutti quei medici: sui gruppi Facebook la cartina di tornasole dell'impazzimento collettivo. Qualcuno ne fa una questione di classe: al Vomero e all'Arenella ci sono tanti medici, tanti professionisti che girano su e giù per l'Italia e quindi sono più a rischio contagio. Altri invece con rabbia da capataz agitano mascherine a mo' di manganello: «qui al Vomero e all'Arenella nisciuno vo' sta ‘a casa soja!». Altri ancora ne fanno una questione culturale: ci sono più persone scolarizzate che non hanno paura di chiedere il tampone e denunciare la propria condizione di malato di Coronavirus. Infine, gli analitici: quante Residenze sanitarie assistite (rsa) e quante  Case di Riposo ci sono al Vomero, al Rione Alto e all'Arenella? È lì che c'è il contagio.

Condomino che vai, storia che trovi, al Vomero: i portieri, custodi in senso stretto e ampio di storie vere o verosimili ti raccontano di funerali concessi e non concessi, di parrucchieri abusivi ed estetiste a domicilio bloccate sulla soglia del palazzo. Si sentono l'avamposto della lotta al contagio e da quando c'è stata poi la notizia del focolaio al Vomero va ancora peggio: se la prendono pure coi negozi nel loro orizzonte ottico.

Il contagio e il focolaio di Coronavirus c'è o non c'è a Vomero Arenella, Municipalità 5 del Comune di Napoli? De Luca ha detto sì, il giorno dopo il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha detto no. In tempi di guerra si crede sempre alla notizia negativa, a quella che fa più paura. Nell'incertezza e nella mancanza di credibilità (due voci istituzionali costantemente contrapposte fanno solo questo, a lungo andare) resta solo il chiacchiericcio sul contagiato o sul morto che no si sa di cosa sia morto: un rumore di fondo che nel silenzio pesto risuona ancora più forte: i danni di questo corto circuito di informazione li capiremo solo fra qualche tempo.

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