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Opinioni

Bright, la stella di Scampia adottata dalla famiglia di campioni di Gianni Maddaloni

Bright Nosa Maddaloni è un campione di Judo di 16 anni figlio d’arte. Originario della Nigeria è stato adottato quando aveva 2 anni da Gianni Maddaloni e da sua moglie. Cresciuto tra campioni come Pino e Marco, oggi sogna di vincere le olimpiadi. Ma soprattutto di seguire le orme della sua famiglia.
A cura di Gaia Martignetti
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Bright Maddaloni
Bright Maddaloni

Bright Maddaloni Nosa è un ragazzo di 16 anni che vive a Scampia. Ha due occhi grandi ed espressivi e il sorriso di chi sa di essere fortunato. «Mio padre rappresenta per me una seconda possibilità». Originario della Nigeria ha incontrato i suoi genitori quando aveva appena 2 anni. Suo padre, è il maestro Gianni Maddaloni, «'o maestro» che ha aperto da diversi anni una palestra a Scampia, periferia nord di Napoli, dove ogni giorno centinaia di ragazzi sognano di poter affermarsi non solo nello sport ma anche nella vita, emancipandosi da situazioni difficili. Da poco Bright porta anche il cognome di suo padre e dei suoi 6 fratelli e sorelle – tra cui Pino, e Marco , campioni di Judo.

Bright Maddaloni da bambino Bright /foto famiglia Maddaloni
Bright Maddaloni da bambino Bright /foto famiglia Maddaloni

Quando ci accoglie nella sua palestra Gianni, " ‘o maestro", ci spiega. «Lui è un Maddaloni. I figli sono quelli che si crescono, non quelli che vengono procreati e basta. Quando tu vivi su questa terra e cresci su questa terra, fa parte di te l'odore del terreno, della zona, della gente». Nella palestra ci sono i volti, tra gli altri, di Pino medaglia d'oro a Sidney 2000 e Marco che ha collezionato successi in tutto il mondo. Quando Gianni e sua moglie incontrano Bright lui ha 2 anni, corre tra i tavoli di un ristorante e cattura l'attenzione dei suoi due futuri genitori. «Cosa ho pensato quando ho visto Bright? Me lo prenderei proprio! Ballava, era un lottatore!».  Bright era affidato a una famiglia che non poteva tenerlo con sé, racconta papà Gianni, che circa un anno fa ha deciso di dargli il suo cognome. «Se mi succede qualcosa nessuno deve toccare mio figlio. Perché la vita è così, c'è il bene e c'è il male. Siamo in una nazione che sostiene di non essere razzista, però mi sembra che alcuni episodi dimostrino il contrario. E voglio mio figlio sia tranquillo anche se io non ci sono».

Una tranquillità che Bright trasmette e che sente sua. Adottato non solo dalla famiglia Maddaloni ma anche da Scampia, racconta di non essersi mai sentito diverso. «Il cognome significa che nessuno può toccarmi, significa che sto bene qua». Mentre ripercorrono la loro storia, Bright si allena duramente, sulle spalle ha la casacca di Marco, suo fratello. A guardarlo c'è il suo allenatore, suo padre. Colui che non forgia solo il campione, ma anche l'uomo. Bright ha vinto già due titoli italiani, ma papà Gianni vuole l'oro olimpico. Ma soprattutto la disciplina, il rigore e il rispetto. Ci racconta che Bright non ha il cellulare, perché ha sempre fatto così con i suoi figli, oggi campioni affermati. «Voglio  una medaglia importante, deve dimostrarmi che deve meritarlo, che lo vuole davvero». Prima di andare via Gianni Maddaloni si emoziona, ripensa al percorso di suo figlio e con orgoglio spiega: «Quando al palazzetto Bright comincia a riscaldarsi e chiamano il suo cognome e lo vedono saltare, prepararsi e quando va in corsa verso l'avversario, va in corsa! Non va tremante, non va ansioso. Vince o  perde lui va sempre con la stessa volontà di vincere. E quindi è un Maddaloni!».

Bright con suo padre Gianni /foto famiglia Maddaloni
Bright con suo padre Gianni /foto famiglia Maddaloni
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Giornalista professionista e Videoreporter a Fanpage.it dal 2018. Oggi sono Vice capo dell'area video del giornale. Prima la Stampa, Il Fatto Quotidiano e altre cose. Menzione speciale per il premio “Mimmo Ferrara” nel 2021, per il lavoro durante la pandemia da Covid -19. Nel 2022 ho vinto il premio "Mario Sarzanini" per l'inchiesta a puntate, da infiltrata, nella galassia No Vax e No Green Pass e per l'inchiesta "Croce Nera", sulla gestione delle ambulanze private negli ospedali napoletani.
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