Camorra, dopo l’arresto di Marco Di Lauro i Contini sono il clan più potente di Napoli
Un clan che non ha mai avuto scissioni interne, che tra le sue fila non ha mai annoverato affiliati diventati poi collaboratori di giustizia. Compatto dall'inizio, senza colpi di testa e tentativi di scalate al vertice, senza fratture che esponessero il fianco agli altri gruppi. E con contatti ben saldi con gli altri gruppi criminali. Nell'universo disgregato della criminalità organizzata napoletana, oggi il clan più solido, granitico e ancora ferocemente attivo, è quello fondato da Eduardo Contini. Il gruppo avrebbe un ruolo anche nelle frizioni del centro storico: appoggerebbe i Sibillo, a cui i Contini sono legati anche da parentele tra gli affiliati, contro i rivali di sempre del clan Mazzarella.
Edoardo ‘o Romano è detenuto dal 2007, quando fu arrestato a Casavatore. Era latitante da 7 anni e inserito tra i 30 più pericolosi d'Italia. Nell'appartamento dove viveva, preso in affitto da una vedova, i poliziotti trovarono parecchi pizzini, che usava per gestire il suo impero. Perché Contini non usava il telefono, non usciva praticamente mai di casa, buttava i vestiti piuttosto che mandarli in tintoria.
Contini (Napoli, 6 luglio 1955) intraprende la carriera criminale agli inizi degli anni '80, abbandonando la vita da imprenditore. Pochi anni dopo, già inquadrato nella Nuova Famiglia, quella nata per contrapporsi alla Nco di Raffaele Cutolo, è alla guida di un gruppo criminale con base a San Giovanniello, nel quartiere San Carlo Arena. È la zona dell'Arenaccia, una delle più calde per la densità abitativa e per la vicinanza con le aree su cui insistono gli altri clan. A metà degli anni '80 è già tra i criminali più influenti di Napoli: dopo un incontro con i narcos colombiani, a cui prendono parte anche i mafiosi siciliani, si aggiudica il mercato dell'Europa dell'Est per la cocaina sudamericana.
In quel periodo Contini è tra i fondatori dell'Alleanza di Secondigliano (insieme a Francesco Mallardo e a Gennaro Licciardi). E non perde lo spirito imprenditoriale: diversifica e investe. Il suo clan mette le mani su usura ed estorsioni, traffico di droga, gioco d'azzardo e contraffazione, e investe in case, società, attività imprenditoriali. Nel 2017 la Guardia di Finanza, su disposizione della Dda, confisca al suo gruppo un tesoro di 320 milioni di euro già finito sotto sequestro preventivo due anni prima: ci sono distributori di benzina tra Campania e Molise, bar tra Napoli e Avellino, tabaccherie, aziende per la torrefazione di caffè, gioiellerie e una trentina di immobili tra cui una villa a Ischia. Ed era probabilmente soltanto la punta dell'iceberg.
Oggi il suo clan si estende su Poggioreale, il Vasto e San Carlo Arena, con ramificazioni a Roma e nel basso Lazio, in Toscana, Emilia Romagna e Lombardia e con tentacoli che arrivano anche a Barcellona e ad Amsterdam. Il core business rimane però a Napoli, a San Giovanniello.