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Camorra e cemento, confisca da 100 milioni di euro a imprenditore dei Casalesi

Sono stati confiscati i beni sequestrati ad Alfonso Letizia, imprenditore del cemento e ritenuto riferimento della fazione Schiavone del cartello dei Casalesi: lo Stato ha definitivamente acquisito immobili, veicoli, aziende e rapporti finanziari per 100 milioni di euro. Secondo le indagini l’uomo era a disposizione del clan, ottenendo in cambio favori per le proprie aziende nel Casertano.
A cura di Nico Falco
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Sono passati definitivamente allo Stato i beni sequestrati ad Alfonso Letizia, 74 anni, re del cemento della provincia di Caserta e ritenuto riferimento della fazione Schiavone del clan dei Casalesi. Il decreto di confisca definitiva, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e notificato dalla Dia di Napoli, riguarda 70 immobili, tra cui terreni e fabbricati, nella provincia di Caserta 2 a Cavezzo (Modena); 28 veicoli, tra auto e moto; numerosi rapporti finanziari; 6 aziende del settore edile e immobiliare, dell'estrazione di inerti e della produzione e vendita di calcestruzzo. Il valore complessivo dei beni confiscati è di 100 milioni di euro.

Alfonso Letizia era stato arrestato dalla Dia nel 2011, nell'ambito dell'inchiesta "Il Principe e la (scheda) ballerina", che aveva fatto emergere i collegamenti tra la politica di Casal di Principe e le ali militari e imprenditoriali del cartello dei Casalesi, fazioni Schiavone e Bidognetti: in cambio di appalti, assunzioni di personale e apertura di centri commerciali, il clan forniva appoggio ai candidati durante le elezioni. Il sistema usato era quello della "scheda ballerina": agli elettori veniva fornita una scheda elettorale fatta uscire illecitamente dal seggio e con la preferenza già segnata, da infilare nell'urna, mentre quella bianca ritirata al momento del voto veniva consegnata all'uscita agli uomini del clan, che a quel punto tracciavano la x sul candidato e la passavano al prossimo votante.

Alfonso Letizia, secondo gli inquirenti, era il riferimento della fazione Schiavone dei Casalesi: metteva i propri impianti di produzione del calcestruzzo e le proprie strutture societarie a disposizione del clan e, in cambio, veniva inserito tra le aziende che la camorra imponeva ai cantieri nel mercato casertano. I decreti di sequestro e di confisca, dopo la proposta del direttore della Dia, eseguiti nel 2014 e nel 2018, sono stati confermati dalla Corte di Appello di Napoli e dalla Corte Suprema di Cassazione.

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