Non sono solo canzonette. Non in questo caso, non in questo contesto. La terza puntata di Camorra Entertainment, l'inchiesta giornalistica sul cantante neomelodico Tony Colombo e su sua moglie Tina Rispoli, vedova del boss Gaetano Marino, si muove in un doppio contesto. Quello economico e ‘sociale', rappresentato da coloro che girano intorno al business della musica neomelodica e anzi la usano come status symbol di un potere non sempre pulito. Poi c'è un contesto territoriale: è l'area Nord di Napoli: Scampia-Secondigliano-Miano. Quel pezzo di cemento armato schiaffato sulla nuca della città è un luogo macchiato di sangue antico e nuovo, è ferito a morte, è cauterizzato, è amputato. È la terra della faida di camorra più sanguinosa che gli anni Novanta e Duemila ricordino. Nella terza puntata dell'inchiesta giornalistica a puntate del team Backstair di Fanpage.it c'è il dovere della memoria che ribolle ancora di rabbia per morti innocenti in alcuni casi rimaste senza giustizia.
La morte di Antonio Landieri
Raffaella è la madre di Antonio Landieri. Racconta «Antonio era un disabile di 25 anni, ammazzato a Scampia il 6 novembre 2004. Stava giocando a biliardino e c’è stato un raid. Hanno sparato a terra. Ci furono cinque feriti, mio figlio è morto perché non poteva scappare, era disabile». Dopo la morte una lunga battaglia per affermare la verità dei fatti: «Antonio è stato trattato come delinquente gli hanno negato i funerali» ricorda con sdegno la mamma. Dopo 11 anni di battaglia ha avuto giustizia. Ripeto: è stato trattato come un delinquente». Dopo 11 anni il ragazzo stato dichiarato «vittima innocente della malavita organizzata». A lui è dedicato un campo sportivo. «Antonio è stata la prima vittima innocente. Mia figlia Stefania non è andata più a scuola. Il motivo? Dicevano di lei ‘questa è la sorella di quello che hanno ammazzato'…» dice invece il papà di Antonio. Tutto questo non è un film.
La morte di Lino Romano
Come non lo è un film la morte di Lino Romano. È l'ex fidanzata, Rosanna, a raccontare stavolta: «Era il 2008 ci siamo conosciuti in discoteca, ci siamo scambiati i numeri e abbiamo iniziato ad uscire, lui era più piccolo ma era molto più maturo di me. Avevamo tanti progetti, ci volevamo sposare, volevamo avere un figlio, i progetti erano quelli, siamo stai insieme 4 anni e mezzo. Il 12 ottobre io torno da Modena, io finisco di lavorare e lui arriva, ridiamo scherziamo, dopodiché si fa l'ora che deve andare a giocare a calcio, entro dentro, mi accendo una sigaretta e sento quattro colpi, subito dopo altri tre, inizio a gridare a mia madre che era sceso Lino, scendiamo e c'era Lino in macchina, poi dopo cercavo di alzare di muoverlo perché non volevo proprio capire, poi mi sono risvegliata perché sono svenuta, c'erano i carabinieri, ho chiesto al maresciallo se Lino fosse morto. È una cosa che non si spiega, non si può spiegare, mi aveva salutato neanche un minuto prima, Lino morto, trucidato, io non accettavo che fosse morto». Lino Romano viene ucciso perché scambiato per un camorrista.
«Io non l'ho superato ancora, adesso sto iniziando a vedere le cose in modo diverso – dice Rosanna -. Ancora oggi ho incubi non vivo più serena. Vedi la vita in modo diverso. Ho dovuto fare anni di psicoterapia per capire quello che era successo e che io dovevo continuare la vita».
La morte di Dario Scherillo
È diventata, invece, sceneggiatura di un film, "Ed è subito sera", la storia di Dario Scherillo. Ma quel che racconta il fratello Pasquale è tutto drammaticamente vero. Dario muore per un errore di persona. «Era una sera come tante altre, era un lunedì sera, Dario si apprestava a chiudere la scuola guida, io mi sono avviato con mia mamma a casa, quel giorno Dario prese il motorino, incontra un amico, dopo pochi minuti arrivano questi due killer, sparano alle spalle contro Dario, un proiettile lo colpisce al cuore, dopo pochi metri cadde a terra. La camorra uccide con l'ultimo colpo in faccia, il killer con un calcio lo gira, capisce di aver sbagliato e scappa via. Da quel giorno è cambiata completamente la nostra vita. «Che significa perdere un fratello? Mi hanno tolto tutto, ci hanno tolto il sorriso vero, noi sorridiamo con l'espressione del viso, però con l'anima. Dario è stato ucciso solo perché aveva lo stesso scooter di un pusher che si trovava lì fino a pochi minuti prima, il problema è stato lo scooter. Il killer non potrà mai avere una condanna perché è stato giù ucciso, praticamente gli Scissionisti volevano uccidere un uomo dei Di Lauro, era una vendetta trasversale, però sbagliarono e colpirono Dario».
Tre storie, tre dolori insanabili. E come si può prescindere da questi dati quando si affrontano vicende che riguardano persone dal cognome così pesante come quello della moglie di Tony Colombo, cioè Tina Rispoli o di colui che fu il marito, Gaetano Marino, alias moncherino, fratello di Gennaro ‘o Mckay?
Il coordinamento vittime innocenti della camorra
In Camorra Entertainment 3 c'è anche un altro dato, uno schiaffo gigantesco che proprio nel giorno del matrimonio del neomelodico con la vedova del camorrista, viene stampato idealmente sul volto dei parenti delle vittime. Al Maschio Angioino quel dì c'è un evento che riguarda le vittime di camorra. Viene spostato dal Comune per dare spazio al matrimonio napoletano più discusso dell'anno.
Carmel Del Core presiede il Coordinamento dei familiari delle vittime Innocenti della criminalità della Campania. È lei che spiega la cesura fra il prima e il dopo matrimonio: «Quel cambio di location per i familiari ha rappresentato un ulteriore vittoria della camorra sul lutto e sul dolore che i familiari rappresentavano per la città di Napoli. E quel matrimonio è stato visto come uno schiaffo a una ferita che non si rimarginerà mai, un "fine pena mai" che portiamo avanti. Le nozze della vedova degli Scissionisti che con la guerra di Scampia ha decretato la morte di Dario Scherillo, Attilio Romanò, Gelsomina Verde, Antonio Landieri e altre vittime innocenti è stato uno schiaffo alla Napoli che ha deciso di stare dalla parte giusta. Da queste nozze traspare la logica del potere della soggiogazione criminale; traspare l’ostentazione del lusso intesa come potere; traspare che la regola del concetto di rispetto è dimostrata soltanto verso chi ha più potere verso chi è più forte. Per non parlare poi del vincolo criminale pericoloso che da queste nozze emerge. Sicuramente il Comune di napoli e la Questura hanno delle precise responsabilità avrebbero per potuto vietarle per ordine pubblico e sicurezza».