Lo conferma anche l’assistenza tecnica del Rei, da Roma: in diverse regioni del Sud Italia, a partire da Campania e Calabria, sono ormai migliaia le persone che si sono viste bloccare l’erogazione del reddito di inserimento dall'Inps perché nessuno aveva fatto sottoscrivere i progetti individualizzati per aiutarli ad uscire dalla povertà, come già denunciato da Fanpage. La verità è che si tratta di una pura formalità: è chiaro a tutti che le azioni di sostegno messe in campo difficilmente aiuteranno qualcuno a migliorare stabilmente la propria condizione, ma la burocrazia vuole che senza la firma di un dipendente pubblico su un pezzo di carta, il cittadino non riceve più soldi.
Il problema è che i Comuni, che nel dicembre del 2017 si sono trovati caricati del peso del Rei senza alcuna concertazione con il Governo centrale (allora guidato da Paolo Gentiloni), non avevano e non hanno né la forza né la competenza per gestire procedure così complesse. Ci mettono tanta buona volontà, ma è chiaro che, in tanti casi, il meccanismo non può che incepparsi. Così è successo al Comune di Napoli, in affanno perché il personale specializzato che dovrebbe occuparsi del reddito di inclusione non è stato mai assunto: in questo modo, tra l’altro, non si spenderanno svariati milioni di euro messi a disposizione dallo Stato.
In Campania la situazione appare particolarmente seria, soprattutto perché si tratta della Regione italiana in cui si trova il maggior numero di beneficiari. Nelle scorse ore la Regione, con una nota a firma del dirigente del Settore Lavoro Maria Antonietta D’Urso, che Fanpage ha potuto visionare, ha provato a correre ai ripari inviando una circolare a tutti i Comuni. Nella circolare si chiarisce che, laddove la povertà sia legata esclusivamente alla mancanza di lavoro, è possibile sostituire il progetto individualizzato con un “patto di servizio” con i Centri per l’Impiego, che recentemente sotto passati sotto la competenza della Regione dalle varie province. In questo modo i Comuni saranno sgravati di una importante parte di lavoro, che però verrà caricata sugli ex uffici di collocamento.
In tutta questa confusione, gli operatori di front office dei Comuni sono costretti a far fronte alle proteste della cittadinanza, che proprio non comprende perché i benefici economici siano stati concessi e poi sospesi. I cittadini, che si vedevano caricati i soldi sulla carta acquisti, ovviamente, se la sono presa innanzitutto con gli incolpevoli operatori comunali.
“Ad inizio dicembre 2017 – racconta l’operatore di uno sportello Rei di un Comune di medie dimensioni della provincia di Napoli – fu dato il via a questa misura di sostegno al bisogno, senza preoccuparsi di verificare se i Comuni, i Centri per l'Impiego e gli altri Enti interessati alla misura, avessero strutture ed un un organico adeguato. Io stesso fui "prelevato"manu militari da un altro Settore del Comune e trasferito ai servizi sociali per organizzare lo sportello. Ora a distanza di mesi dalla partenza, gli organici degli Enti, invece di rimpinguarsi, sono stati ancora maggiormente impoveriti da pensionamenti ed altre cause e ciò che doveva essere ordinario è divenuto straordinario. In breve, i servizi sociali non hanno in organico abbastanza assistenti sociali per svolgere, oltre alle attività ordinarie, quelle relative all'elaborazione dei progetti personalizzati per ogni nucleo familiare percettore di Rei.”