È giusto riaprire le attività che cucinano cibo d'asporto in Campania? Diciamo meglio: è giusto il ritorno del delivery food? Ovvero tornare a vendere pizze e panini, nella regione in cui è stato da subito vietato il cibo a domicilio, anche in tempo di quarantena da Coronavirus? Analizziamo la situazione. La fine della quarantena è come l'utopia secondo Eduardo Galeano: più si avvicina la data e più si allunga la fine del decreto. Però ci serve per non contagiarci e ammalarci tutti. Andiamo di settimana in settimana aspettando il premier Giuseppe Conte o una diretta Facebook di Vincenzo De Luca. In tutto questo la curva dei contagi da Covid-19 in Campania ci dice una cosa chiara: menomale che non va peggio.
In tutto questo come si inscrive il lavoro di pizzerie, paninerie e dei rispettivi riders che portano il cibo a domicilio a casa? Si tratta di alimentari cotti e pronti ad essere mangiati. Se correttamente confezionati non si corre rischio di contagio. E quindi perché in Campania è stato vietato il cibo a domicilio e d'asporto? Due motivi: il primo (asporto) è l'assembramento. Immaginate di sera le file davanti alle pizzerie o davanti ai pub o alle paninerie o ai take away (mettiamoci anche il kekab…) in attesa del prodotto scelto. Non tutti hanno Just Eat o Uber Eats o Glovo o altre app, alcuni preferiscono andare a comprare di persona. E l'assembramento è servito.
Secondo caso, il cibo a domicilio. È corretto affermare che gran parte di pizzerie, paninerie, pub, o altri ristoranti che portano il cibo a casa non sono capaci di garantire sicurezza per i loro dipendenti e per i loro fattorini? Servirebbero i controlli: ma è possibile immaginare controlli a tappeto in tutta la Campania alla ricerca del panino perduto?
Al tempo stesso queste attività commerciali rischiano di chiudere i battenti definitivamente lasciando sul lastrico famiglie intere. Nemmeno questo è giusto. E siccome la pandemia durerà un bel po', è chiaro che è necessario gestire il futuro. Pasqua è andata, entro la seconda metà di aprile, forse, la Regione Campania potrebbe decidere di riaprire alcune attività previo un accordo con le associazioni di categoria: un impegno coi commercianti che devono garantire massima sicurezza a chi lavora dentro e fuori e coi riders che devono essere tutelati e attenersi a norme rigide per la consegna. Non è uno «stop illogico» quello del cibo d'asporto, come avventatamente (e non è la prima volta) dichiara il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, impegnato a far polemica h24 non avendo alcun ruolo politico né materiale nella gestione dell'emergenza Covid. Tuttavia anche Vincenzo De Luca si deve rendere conto che i soldini previsti per le aziende in crisi sono ‘na fumata ‘e sigaretta. E non valgono niente rispetto ad una impresa che muore. Quindi in questo caso forse un po' di buon senso non è auspicabile: è necessario.