Rispetto per i vecchi boss, che "hanno fatto e dato tanto", ma, nel caso venissero condannati all'ergastolo, il comando del clan non passerebbe ai figli. Perché "nessuno può pensare di poter fare ‘o Patrizio o Eduardo", perché "la malavita non è una eredità" e, nell'ottica degli affiliati, loro sono come Maradona: nessuno sarà mai più bravo. È il succo di una intercettazione registrata il 5 settembre 2012, a parlare sono due presunti affiliati al clan Contini che discutono sull'esito processuale delle vicende che coinvolgono i boss detenuti. Frasi che sembrano prese dalla sceneggiatura di Gomorra, ma che sono finite sul tavolo dei magistrati che per anni hanno studiato il sistema criminale di Secondigliano. La conversazione è agli atti nell'ordinanza delle 126 misure cautelari contro il clan Contini e i vertici dell'Alleanza di Secondigliano eseguita dai carabinieri oggi, 26 giugno. I due intercettati, entrambi tra gli indagati, riflettono sul fatto che Eduardo Contini e Patrizio Bosti non avevano ancora subito condanne definitive e quindi c'era ancora la possibilità che venissero scarcerati e tornassero alla guida del clan. Anche per questo la loro leadership non poteva essere messa in discussione. Le cose, però, sarebbero cambiate nel caso fossero stati condannati in via definitiva al carcere a vita.
Frasi tra boss, come in Gomorra
"Uno tiene rispetto, ma avendo l'ergastolo che cosa possono fare più? il rispetto va scemando, hai capito?", dice uno. E la "successione naturale", quella secondo cui il figlio del boss prende il posto del padre, non viene proprio presa in considerazione, così come non viene contemplata l'idea che qualcuno degli affiliati possa farsi avanti pretendendo di gestire il clan. Questione di caratura criminale, di capacità, "di carisma", si dicono tra loro.
Il rispetto per i capi detenuti e la fedeltà sono ai massimi livelli, "fino alla morte", ma nessuno può pensare di prendere il loro posto: "Questa malavita non è una eredità, nessuno può pensare di poter fare ‘o Patrizio o Eduardo, se lo possono scordare, io non l'accetto proprio". E, per farsi capire meglio, uno dei due usa anche una metafora calcistica. "È come quando Maradona gioca a pallone – dice – poi arriva qualcuno che gioca una partita un poco meglio e dice "uah, mamma mia, sono Maradona". Cioè, hai capito o no?"
Ciccio Mallardo capoclan per arginare il nipote Ettore Bosti
I "problemi di successione" emergono anche in un altro passaggio dell'ordinanza, quando vengono descritte le circostanze che hanno riportato il clan sotto la guida del boss Francesco Mallardo. In quel periodo, con Patrizio Bosti ed Eduardo Contini detenuti, aveva preso il comando Ettore Bosti, "Ettoruccio", il figlio di Patrizio. Sotto la sua reggenza, però, il clan era diventato più violento per via delle mire espansionistiche.
Un contesto che i magistrati definiscono caratterizzato da una "controproducente iperattività criminale non in linea con i parametri propri della intelligente logica mafiosa imposta da tempo da Edoardo Contini", che dopo la violenta faida degli anni '90 aveva sempre evitato di ricorrere alla violenza preferendo accordi e negoziazioni.
La "modalità guappesca di Bosti junior", rilevano i magistrati, era fonte di preoccupazione per l'Alleanza e aveva determinato la necessità del ritorno di Ciccio Mallardo per "indirizzare dal punto di vista criminale ed economico-criminale il gruppo continiano".