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Da Frattaminore al Friuli: la storia dei 400 residenti di Lignano Sabbiadoro

Li chiamarono “pendolari delle preferenze”: centinaia di donne e uomini, tutti maggiorenni e col diritto al voto, che tra il 2011 e il 2012 si trasferirono dalla provincia di Napoli a quella di Udine. Un esodo di massa che incrementò del cinque per cento la popolazione e, soprattutto, il corpo elettorale.
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È il 12 giugno del 2015 quando la commissione parlamentare antimafia approda a Trieste, territorio di confine indenne dalle infiltrazioni delle cosche ma attraversato dai traffici transfrontalieri con la vicina Slovenia. La commissione è in visita istituzionale, non ci sono particolari dossier in evidenza. Si vigila sui sintomi, su elementi sospetti, sui reati spia. E dalle audizioni non. emerge nulla di straordinario. Fino a quando non spunta il caso Lignano Sabbiadoro, piccola enclave di Frattaminore, in Friuli Venezia Giulia.

Quasi quattrocento persone, uomini e donne, tutte maggiorenni, tra il 2011 e il 2012 si trasferirono dalla provincia di Napoli a quella di Udine: tutti insieme, un esodo di massa che incrementò del cinque per cento la popolazione e, soprattutto, il corpo elettorale.

I verbali di quell’audizione, materiale riservato, sono stati pubblicati nei giorni scorsi. E vanno a integrare quanto anticipato nella relazione della Direzione Nazionale Antimafia che chiudeva l’attività del 2016. Spiegò l’allora Procuratore nazionale, Franco Roberti: «In prossimità dell'avvicinarsi del voto comunale, si sarebbe verificata una organizzata migrazione dalla Campania a Lignano, con nuclei familiari che in poco tempo avrebbero ottenuto la residenza a pochissimi giorni dalla chiamata alle urne. L'allora comandante della Polizia Municipale, per questi motivi, risulta ora indagato per reati connessi all'accelerazione delle pratiche per la residenza».

Dunque, quell’anno le elezioni comunali di Lignano furono sabotate: senza ricorrere a scambi palesi o schede ballerine, ma spostando da giù a su il numero di elettori sufficienti a far eleggere in prima posizione il candidato di riferimento, l’ex vicesindaco (originario di Frattaminore) poi diventato presidente della commissione edilizia e dominus del Piano regolatore in via di variazione. «Stupisce – commentò Roberti – come ciò sia accaduto senza il minimo allarme nelle istituzioni locali, rendendo il sospetto che anche nel territorio friulano insistano zone di omertà amministrativa».

Si ignora come si sia conclusa l’inchiesta giudiziaria ma vale la pena di raccontare cosa riferì il pm che indagava sui voti pendolarizzati, Giorgio Milillo. «Nel 2011 è iniziata un’indagine volta a verificare se nel Comune di Lignano ci fossero o meno delle presenze riconducibili a criminalità organizzata di matrice camorristica». Intercettazioni e accertamenti patrimoniali non portarono a nulla ma fu scoperto che «volta a volta, in base al fatto che ci fossero elezioni di tipo amministrativo, vi era una consistente iscrizione nelle liste elettorali del Comune di Lignano di cittadini che comunque continuavano a risiedere in provincia di Napoli ma venivano veicolati a Lignano per quelle elezioni». Poco più di trecento persone, pur residenti a Frattaminore, votavano anche nel comune friulano. E poi tornavano a casa. Aggiunse Milillo: «È certo che ciò avvenne nel 2012 ma è verosimile che anche nelle tornate amministrative precedenti ci fosse un’analoga modifica del corpo elettorale». Con un interesse trasparente: la gestione dei permessi a costruire per le vecchie concessioni edilizie.

Andarono tutti a un solo candidato i voti dei pendolari? Certamente no. Lui fece il bottino pieno ma anche altri hanno beneficiato dei falsi cambi di residenza, almeno due persone. Il tutto, ha ipotizzato tempo dopo la Procura friulana, con la complicità dei vigili urbani che dovevano verificare l’effettività dei trasferimenti.

Il caso Lignano non è, però, una novità assoluta. Sorprende il numero delle false residenze, e sorprende la distanza dal territorio di provenienza, ma in realtà il sistema era assai diffuso una trentina di anni fa nell’agro aversano, dove un gruppetto di elettori, alcune decine (compresi assessori e consiglieri comunali in carica), era in perenne movimento: da Casal di Principe a Castelvolturno, poi a San Cipriano, poi ancora a Villa Literno e San Marcellino, poi di nuovo a Casal di Principe. Il Partito Comunista Italiano preparò un dossier, lo inviò in Prefettura e in Procura, lo illustrò alla stampa. Non se ne seppe più nulla. Qualche anno dopo tutti quei Comuni sono stati sciolti per infiltrazione camorristica. I pendolari delle preferenze quasi tutti arrestati. Per le elezioni successive cambiarono metodo e si appropriarono dell’identità dei Testimoni di Geova che, notoriamente, non vanno a votare.

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Rosaria Capacchione, giornalista. Il suo lavoro di cronista giudiziaria e le inchieste sul clan dei Casalesi le sono costate minacce a causa delle quali è costretta a vivere sotto scorta. È stata senatrice della Repubblica e componente della Commissione parlamentare antimafia.
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