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Due sindaci, assessori, dirigenti: ecco chi è coinvolto nell’indagine su Bagnoli

Il Comune di Napoli nella bufera: la Corte dei Conti ha notificato 11 inviti a dedurre ad amministratori e dipendenti per il crac di Bagnolifutura, la società nata per bonificare l’area del quartiere della periferia occidentale del capoluogo campano. Tra quelli chiamati in causa della Corte dei Conti figurano anche l’attuale sindaco di Napoli, Luigi de Magistris e l’ex sindaco Rosa Russo Iervolino.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Bufera sul Comune di Napoli. La Procura della Corte dei Conti ha notificato 11 inviti a dedurre ad amministratori e dipendenti comunali per il crac della Bagnolifutura, la società di trasformazione urbana nata nel 2002 per bonificare l'ex area industriale occidentale, realizzare le opere di urbanizzazione e gestire le opere pubbliche, come la Porta del Parco. Ma naufragata nel 2014 senza riuscire a portare a compimento la sua mission, sotto una valanga di debiti. Una macchina elefantiaca, secondo la magistratura contabile, con spese per il personale stratosferiche (oltre 44 milioni di euro nei 12 anni, senza contare altri 10,7 milioni per consulenze e altre prestazioni), investita poi anche degli oneri e dei costi dell'America's Cup, che non rientrava tra gli scopi del suo oggetto sociale. Inutile anche il tentativo di salvataggio in extremis con il conferimento della Porta del Parco.

L'inchiesta, condotta dal viceprocuratore geneale Marco Catalano, sotto il coordinamento del procuratore Michele Oricchio, e delegata al Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, si concentra sugli anni 2001-2014, e punta a verificare se ci sia stato un possibile danno erariale per 11.188.947 euro nei confronti del Comune, della Regione Campania e della Città Metropolitana, contestati per 2/3 alle giunte Iervolino e per 1/3 alla prima giunta de Magistris fino al 2014. Chiamati a chiarimenti anche l'attuale sindaco di Napoli, Luigi de Magistris (per un presunto danno erariale da 932.412 euro) e l'ex sindaco Rosa Russo Iervolino (932.491 euro).

Gli altri destinatari degli inviti sono gli ex vicesindaci Rocco Papa e Sabatino Santangelo (per 932.491 euro ciascuno), i dirigenti Giovanni Dispoto, Rosaria Contino e Giovanni Spagnuolo (1.243.321 euro ciascuno), l'ex assessore Ferdinando Balzamo (932.491 euro), e gli ex assessori della prima giunta de Magistris: Salvatore Palma, Riccardo Realfonzo e Luigi De Falco (932.412 euro ciascuno). Tutte le parti chiamate potranno presentare le proprie controdeduzioni entro 45 giorni e chiarire la propria posizione. Resta in sospeso un'ulteriore voce di danno da 33 milioni di euro, «relativa al depauperamento del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli per la mancata acquisizione del complesso polifunzionale de “La Porta del Parco”», ancora sub judice, pendendo ricorso per Cassazione.

All'ex primo cittadino Rosa Russo Iervolino (2002-2011) viene contestato in particolare «la transazione sottoscritta nel 2006 tra la Bagnolifutra spa e la Cimi-Montubi spa». Atto ritenuto dal pm contabile «gravemente penalizzante» per la Stu. E perché «in sede di rappresentanza del socio approvava in assemblea i bilanci di esercizio di Bagnolifutura spa, con i quali si capitalizzavano gli interessi passivi dovuti a Cimi-Montubi spa e quindi lo si sottraevano dalla evidenziazione come perdite di esercizio. Garantiva in data 3 agosto 2007 all’Istituto di Credito mutuante la rassicurazione sulla solvibilità di Bagnolifutura ed impegnandosi in caso di mancato pagamento delle rate di mutuo».

Il sindaco Luigi de Magistris, invece, viene chiamato in causa perché «innanzitutto tra il 2011 ed il 2012, distraendo dalla sua missione aziendale, imponeva a Bagnolifutura la effettuazione di attività propedeutica alla effettuazione delle regate precedenti l’America’s Cup prima a Bagnoli e poi innanzi il lungomare Caracciolo».

Una storia, secondo i giudici, partita già male. «Uno degli elementi strutturali che ha contribuito al fallimento della società va individuato nel conferimento da parte del Comune di Napoli alla Bagnolifutura della proprietà delle aree da bonificare, circostanza che aveva sin dall’inizio gravemente indebitato la Bagnolifutura nei confronti degli ex proprietari: Cimi-Montubi SpA e Med.Edil SpA», poi confluite in Fintecna. Si tratta delle aree ex Ilva ed ex Eternit.

Il conferimento fu valutato all'epoca 187,6 milioni di euro, al lordo dei costi di bonifica stimati in 87,7 milioni. Per un importo, quindi, di 100 milioni circa, a fronte di un debito per l'acquisto di 41 milioni, poi saliti a 69 con la transazione fatta dal Comune nel 2006. Eppure, nonostante un debito così ingente la società fu costituita solo con 516mila euro di capitale sociale. «La decisione di conferire le aree unitamente al debito non era stata proceduta da un’adeguata programmazione economico – finanziaria – scrive il pm – e trascurava l’esigenza di disporre l’immissione di nuova liquidità, denunciata dal consiglio di amministrazione, da parte dei soci, facendo sì che la Bagnolifutura nascesse non solo fortemente indebitata ma impossibilitata a proseguire la mission».

Nel corso degli anni, poi, la società continuò a perdere soldi. «La pianificazione della Bagnolifutura spa – scrive il pm – è stata errata sin dalla sua costituzione». «Quello che è incompatibile con il principio di sana e corretta gestione economica di una società era la condizione che la stessa doveva a sue spese sostenere le opere di urbanizzazione di un’area di interesse pubblico per poi restituirle al Comune». E, ancora: «Proprio il perseguimento di interessi pubblici era stato il leitmotiv dell’intera vita societaria, che aveva raggiunto il suo apice nelle vicende della Passeggiata a mare, Coppa America e la gestione del Circolo Ilva». Se da un lato la mission di una STU era di tipo pubblicistico, caratterizzata da una fase di start up in perdita e poi di recupero dei capitali investiti, dall’altro tale finalità non poteva essere perseguita palesemente in danno alla società stessa».

Anche la transazione firmata dal Comune avrebbe penalizzato la Stu. «Con l’avvio dei lavori di bonifica – scrive il pm – emergeva che le aree erano più inquinate di quanto inizialmente accertato, in ragione principalmente al fatto che la Cimi-Montubi SpA e la Med.Edil SpA non avevano ottemperato agli obblighi di bonifica i cui costi erano aumentati. Ciò avrebbe dovuto comportare specifiche responsabilità in capo a dette società nei confronti della Bagnolifutura per il risarcimento dei danni dipendenti dall’inquinamento e dalla mancata bonifica», in nome del principio del «Chi inquina paga, che induceva a ritenere che gli obblighi di ripristino continuassero a ricadere sulle società (Cimi-Montubi SpA e Med.Edil SpA), con cui la Bagnolifutura avrebbe poi concluso una transazione». «Con la transazione – sottolinea il pm – la Bagnolifutura ha riconosciuto il debito nei confronti delle concessionarie, gravandosi, in tal modo, delle conseguenze della mancata bonifica. È palese come la stipula di una siffatta transazione rappresentasse un atto contrario ai principi di diligenza e di sana e prudente gestione».

Una situazione di crisi che perdurò fino al bilancio 2011 e del tentativo di salvare la Stu attraverso una ripatrimonializzazione, con il conferimento della Porta del Parco. A quel punto, argomenta il pm, «la decisione non è quella di porre finalmente in liquidazione la Bagnolifutura, ma di architettare una sorta di ricapitalizzazione a valere sulla Porta del Parco, ricapitalizzazione che non apporta alcun euro, ma che fa, solo in apparenza e comunque per breve periodo, “uscire” la Società» dal rischio di dichiarare il fallimento.Due

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