Vincenzo Buonocore ha visto la fabbrica smantellata, spenta la fiamma della colata, giù i fumi dell'altoforno. Non ha visto la nuova Bagnoli, ha visto consumare milioni di euro come candele votive accese al dio della Buona Politica che mai si è palesato all'ombra del Vesuvio. Oggi è morto Ermanno Rea che all'operaio-tecnico Buonocore diede vita nelle pagine de "La dismissione " e al di là delle valutazioni sull'opera e sull'intellettuale – che lasciamo ad altri – la considerazione forse banale ma sicuramente amara ci fa affacciare a Ovest della città, nella Grande Incompiuta, nel Grande Sogno, nell'Ossessione di Ponente che mai ebbe una svolta, dopo lo smontaggio dell'Ilva, la vendita a pezzi dell'impianto e le bonifiche, eterne, interrotte, riprese.
È morto Ermanno Rea mentre la mattinata partenopea è ancora intrisa delle discussioni sullo scontro istituzionale tra sindaco di Napoli e presidente del Consiglio dei ministri proprio su Bagnoli, sul commissario di governo per l'area ex siderurgica, sulla bonifica che tarda ad riprendere. Ogni giornale napoletano ha nel suo archivio una intervista, una considerazione, una battuta dello scrittore su Bagnoli.
Per sciacquarci la coscienza e attutire la perdita (ma davvero si analizzano e ‘pesano' ancora, le perdite degli intellettuali, in quest'Italia?) verrebbe da dire: Intitoliamo il primo atto concreto della nuova Bagnoli allo scrittore appena scomparso. È una idea del primo momento, ricacciata in gola al solo pensiero delle ipocrisie, delle passerelle, dei botta-e-risposta tra sindaco e premier. Abbandoniamoci, dunque, alla rilettura della Napoli di Rea. È morto uno scrittore; ci aveva indicato anni fa il caos di una città che demolisce e fatica a cambiare.