Non è la prima volta che Gad Lerner mostra insofferenza verso una presunta «napoletanità» che è quanto di più lontano possa esserci dalla Napoli di oggi. Accadde anche con la vicenda di Ciro Esposito, il tifoso ucciso a Roma. Oggi, volendo insistentemente inserirsi nella discussione pubblica e nelle commemorazioni per Pino Daniele, morto ieri a 59 anni, il giornalista televisivo di La7 si veste da dissacratore online e affida al suo blog un messaggio abbastanza triste poiché costruito ad arte per la polemica da pollaio: «La napoletanità tracima spesso in una retorica da cui una persona intelligente come Pino Daniele non a caso ha scelto di prender le distanze».
Ecco, io non so egli dove avesse mai incontrato il cantautore partenopeo. Gli consiglierei di documentarsi: negli anni Settanta, mentre Lerner era impegnato nel giornalismo a Lotta Continua, Pino Daniele viveva il ventre di Napoli, quel centro antico dal quale poi è nato un distillato di musica e poesia, "Terra Mia", primo album del cantautore. In un concerto dei primi anni Ottanta, Daniele usava dire, per manifestare il proprio diritto a esprimersi e cantare in dialetto: «Uè, io suono la chitarra e canto in napoletano e ser qualcosa non la capite nun fa niente, basta il sentimento…».
E probabilmente per i Gad Lerner di turno egli scrisse questa canzone:
Nun me scuccia',
nun me scuccia',
cerca di stare almeno un'ora
senza parla'…
Nun me scuccia'
cchiù
tanto muore pure tu…