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Opinioni

La lettera del prof. dopo il suicidio della studentessa: “Basta stress, non è una gara”

La toccante lettera del docente universitario Guido Saraceni sulle lauree e sulla tensione che accompagna gli studenti, a volte schiacciati dal carico di attese dei genitori: “L’Università non è una gara, non serve per dare soddisfazione alle persone che ci circondano, non è una affannosa corsa ad ostacoli verso il lavoro”.
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Guido Saraceni è un docente universitario di Filosofia del Diritto e Informatica Giuridica presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Teramo. È un prof ‘social': alcune sue riflessioni acute, ironiche e taglienti hanno letteralmente fatto ‘il giro del web' come si suol dire spesso. Stavolta Saraceni, toccato per la tragica scomparsa della studentessa di Isernia (scegliamo di non dire il nome che nulla aggiunge ad una storia drammatica) che si è suicidata ieri all'università a Napoli, ha scelto di scrivere su Facebook un lungo post, quasi una lettera aperta a studenti, colleghi, genitori. Argomento: le lauree, lo stress da studio e la tensione che accompagna questi momenti che caricano di aspettative gli studenti ma anche i loro genitori.


Per quanto mi riguarda, la giornata delle lauree è un giorno di lavoro non meno faticoso e stressante di altri. I candidati devono essere attentamente ascoltati, interrogati e valutati. I voti devono essere discussi, spesso anche lungamente, con una commissione di colleghi che non sempre hanno le stesse idee, la stessa sensibilità culturale o lo stesso identico orientamento in tema di voti.

Eppure, la giornata delle lauree per me è anche una giornata gioiosa. Guardando il volto dei genitori, degli amici, dei parenti accorsi per sostenere e supportare il proprio candidato, partecipo volentieri della loro felicità, ne percepisco l'orgoglio e l'emozione. Mentre il candidato parla, sono tesi come corde di violino, attenti ad ogni singola parola, con gli occhi lucidi e lo sguardo fiero. Dopo, si lasciano andare ai festeggiamenti, con tanto di cori e coriandoli.

La giornata delle lauree celebra la maturazione, la fatica e l'impegno dei nostri studenti. Ha il sapore della speranza nel futuro.

A queste cose ho pensato ieri, quando letto che una ragazza di Napoli, il giorno delle lauree, è salita sul tetto dell'Ateneo e si è lanciata nel vuoto: aveva detto a parenti ed amici che quel giorno si sarebbe laureata, ma non aveva completato il ciclo di studi.

L'Università non è una gara, non serve per dare soddisfazione alle persone che ci circondano, non è una affannosa corsa ad ostacoli verso il lavoro.

Studiare significa seguire la propria intima vocazione.

Il percorso di studi pone lo studente davanti a se stesso.

Cerchiamo di spiegarlo bene ai nostri ragazzi. Liberiamoli una volta per tutte dall'ossessione della prestazione perfetta, della competizione infinita, della vittoria ad ogni costo.

Lasciamoli liberi di essere se stessi e di sbagliare.
Questo è il più bel dono che possono ricevere.
Il gesto d'amore che può letteralmente salvarne la vita.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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