Marco Di Lauro viveva con la fidanzata, Cira Marino. Chi abita in via Emilio Scaglione li aveva ribattezzati "La coppietta". Dal civico 424 usciva ogni giorno una ragazza che “andava a fare la spesa, a volte chiedeva generi alimentari particolari, riservata, tranquilla” racconta un negoziante dello stradone a pochi metri dal ponte della metro di Chiaiano, ma ai confini con il quartiere di Marianella. Sempre dritto si arriva a Scampia. “Lui usciva la mattina alle 5 o la notte, abbiamo pure pensato fosse un ragazzo che non stesse bene, un disabile” aggiunge un uomo nel gruppetto di curiosi che staziona alla chetichella fuori l’appartamento dove è stato scovato Marco Di Lauro. Perché la folla qui c’è stata al momento dell’arresto, poi sono rimasti solo i residenti e il nome “Marchetiello” non si è più nominato. Per rispetto, per paura o anche perché era troppo da film immaginare di aver come vicino di casa il boss. “Ho visto arrivare un esercito di poliziotti, credevo stessero girando una puntata di Gomorra. Poi sono venuti i giornalisti e allora ho pensato che lì dentro stava chiuso qualche attore famoso” dice una donna. È poi emerso dopo l'arresto che quando erano proprio costretti, i due si facevano conoscere con nomi falsi: Marco era Luca, Cira era Annamaria.
“Santannavergine è uscito com’era quattordici anni fa” esclama un ragazzo alludendo agli anni di latitanza del rampollo del clan di via Cupa dell’Arco a Secondigliano. Quartieri vicini, sovrapposti, pezzi di una geografia criminale che ne ha ridisegnato i confini. Ogni rione un’egemonia, ogni strada un luogotenente in affari illeciti. In mezzo la brava gente, quella che ora, esterrefatta, non crede che proprio lì, in via Scaglione 424, abitava il quarto figlio di Ciruzzo ’o milionario, al secolo Paolo Di Lauro.
“Ma se l’hanno cantato dove stava?”, cioè i traditori hanno rivelato il suo nascondiglio? È l’ora del gossip di strada, a bassa voce. E sono in molti a non credere nel blitz improvviso. “Sono venuti a festeggiare – sussurra un giovane seduto su uno scooter parcheggiato fuori un bar, dove frenetico è lo scambiarsi di video sui telefonini tra i ragazzi con la notizia dell’arresto eccellente -. La palazzina si è riempita di centinaia di guardie tutte insieme, pareva il trasferimento della questura a Chiaiano. È stato fatto trovare lì, lui li aspettava”. Come se dire il contrario significasse ammettere la sconfitta di un mito. “Io e te tre metri sopra il cielo” recita la scritta sul muro accanto al portone d’ingresso, subito dopo la finestra con la veneziana verde abbassata dell’ultima dimora del boss latitante e, sotto, uno scantinato con una feritoia e robuste cancellate che dà sul piano di calpestio del marciapiede. Dentro si scorge un tavolo, alcune suppellettili. “Forse il covo d’emergenza, quasi un carcere” dice qualcuno che passa lungo via Scaglione. Nella periferia dei non detti.