La vicenda delle presunte molestie sessuali all'Accademia di Belle Arti di Napoli viene alla luce alla fine del 2019, subito dopo iniziano gli articoli di Fanpage.it, ci sono le proteste, c'è una denuncia, si attiva la Procura di Napoli e la notizia finisce anche su altri giornali. La novità del giorno è che un docente, quello "ammonito" dai vertici dell'istituzione universitaria, lunedì scorso non si è presentato agli esami del terzo anno. I ragazzi erano lì e lui non è arrivato. Solo dopo è stato riferito che i suoi esami saranno svolti da una commissione di tre docenti, notizia formalizzata dall'Accademia di via Costantinopoli. E ancora: agli inizi di marzo il contenuto del telefono cellulare – messaggi, audio, foto – di una studentessa che ha formalizzato l'esposto in Procura, affidato al pool reati contro le fasce deboli, sarà definitivamente acquisito.
Questa è la parte superficiale dell'iceberg: quella sotterranea è fatta di malcontento, nervosismo, di sfiducia degli studenti e imbarazzo e dispiacere dei docenti dell'Accademia. Peraltro Belle Arti Napoli è inserita in una serie di progetti che la collegano al mondo, in crescita, delle produzioni audiovisive in città (fiction, serie televisive, film per il cinema, spot, fotografie).
L'ultimo punto: l'Accademia partenopea secondo statuto è «ente pubblico, dotato di personalità giuridica, autonomo entro i limiti e le modalità stabilite dalla legge». Come tutte le strutture pubbliche essa è soggetta all'altrettanto pubblica discussione: molti docenti oggi si chiedono se il direttore Giuseppe Gaeta e il presidente Giulio Baffi, usciti allo scoperto con dichiarazioni pubbliche sull'argomento soltanto nelle ultime 48 ore, avrebbero potuto fare di più – al netto delle accuse e della delicatissima vicenda giudiziaria, la cui disamina solo alla magistratura compete e la cui trattazione preliminare non può e non deve crocifiggere nessuno – per favorire un rasserenamento degli studenti in Accademia, il cui livello di sfiducia e malcontento ha altresì raggiunto picchi, lo dice chi da anni lavora lì, mai visti.