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Opinioni

Pezzotto Iptv, l’affare che fa gola ai clan di camorra

Tra i gestori del pezzotto Iptv, nel mirino delle inchieste di questi mesi e la camorra, così come con le altre organizzazioni mafiose, potrebbe esserci una sorta di mutua collaborazione: entrambi hanno bisogno di documenti falsi e di prestanome, in più le conoscenze informatiche di chi lavora coi flussi di dati internet sono preziose per chi ha necessità di riciclare denaro.
A cura di Nico Falco
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Dieci, venti euro al mese, invece di un centinaio. Un risparmio notevole, che unito alla illusione di non poter essere beccati ha in questi anni determinato l'esplosione del pezzotto ipTv facilmente installabile e controllabile anche da chi di tecnologia ci capisce poco o nulla: una volta impostato il decoder non si deve far altro che cambiare i canali col telecomando. Ma per un affare del genere, intorno al quale solo in Italia girano cinquanta milioni di euro all'anno, è scontato l'interessamento della camorra o di altre organizzazioni mafiose. Un coinvolgimento che potrebbe avere dei contorni insoliti, e non limitato alla gestione delle vendite o all'imposizione di un pizzo: potrebbe esserci una sorta di scambio di favori tra chi col trucco per piratare la visione di programmi in streaming che normalmente sono a pagamento, dimostra di avere competenze informatiche e chi ha costantemente bisogno di quelle abilità particolari per affari di altro tipo.

Scambio di favori per documenti falsi

Nelle inchieste non è mai risultato un coinvolgimento diretto della camorra nell'affare delle tv streaming col trucco. A quanto apprende Fanpage.it da ambienti investigativi qualificati, operanti su Napoli, filtra però una teoria: la camorra potrebbe servirsi di chi gestisce il business della IpTv pirata, sfruttando quelle abilità informatiche per altri affari illeciti. Una sorta di scambio di favori per arrivare a una pacifica convivenza. Chi gestisce i flussi di denaro del pezzotto (o dei pezzotti, visto che si tratta di sistemi autonomi e bande separate), così come la camorra, ha costante necessità di documenti falsi e prestanome su cui far convergere i pagamenti. Il punto di accordo potrebbe essere proprio in queste "teste di legno": le centrali della tv piratata potrebbero mettere a disposizione dei clan i loro contatti, occupandosi così anche di riciclaggio di denaro.

La collaborazione che però rimarrebbe "da libero professionista": nelle varie indagini in cui sono stati rintracciati amministratori e reseller delle pay tv piratate non sono mai stati individuati personaggi inquadrati in organico di clan di camorra.

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Il pezzotto Iptv funziona ancora?

La domanda che molti si sono fatti, all'indomani dell'operazione Eclissi, che ha portato al sequestro della piattaforma Xstream Codes, è semplice: ma il pezzotto funziona ancora? La risposta è incerta: sì e no. Sì, perché molti utenti vedono ancora, e no, perché si tratterebbe soltanto di una situazione temporanea che si fermerebbe al controllo licenze.

Andando per gradi, Xstream Codes è una piattaforma legale che veniva usata anche per trasmettere illegalmente le trasmissioni pay-tv estrapolate. Funzionava su un unico server centralizzato, quello che è stato sequestrato, al quale si accedeva pagando una licenza mensile. I flussi provenivano quindi da un unico punto e venivano smistati dai server di broadcasting, privati, che si trovano su hosting esteri; su questi ultimi è installata una interfaccia software che "dialoga" con il server centrale e continua a funzionare fin quando il "cervellone" conferma che la licenza è in regola.

Il controllo del pagamento della licenza di Xstream Codes non è quotidiano, e da qui potrebbe arrivare lo stop: secondo alcuni esperti informatici, il servizio potrebbe bloccare quando quei server controlleranno che la licenza sia attiva e dal server centrale, quello sequestrato, non arriverà l'autorizzazione; lo stesso succederebbe anche ai nuovi link che in questi giorni i reseller hanno smistato ai vari clienti dando l'impressione che in realtà il sistema funzioni ancora.

È più che probabile che chi gestiva ora i grossi traffici di dati (e di soldi) si stia già organizzando cercando un'altra piattaforma alternativa a Xstream Codes, ma è anche sicuro che i controlli si stringeranno anche da parte di chi fornisce il servizio per usi legali e che non vorrà trovarsi con un server finito sotto sequestro.

Cosa rischia chi usa il pezzotto IpTv?

In Italia, solo entro i confini nazionali, gli utilizzatori del sistema illegale sarebbero 5 milioni. Una cifra così grande che sembra impossibile procedere contro tutti. Chi ha usato questo sistema resta però perseguibile: multe fino a 25mila euro e fino a 3 anni di carcere. L'illusione dell'impunità è, appunto, solo una illusione: i flussi di dati internet generati dalle Iptv sono tracciabili.

E qui si ritorna al discorso dell'architettura Xstream Codes: un server unico centrale significa che nello stesso database sono inseriti nomi, password e indirizzi IP di tutti quelli che hanno fatto accesso, tra amministratori, reseller ma anche semplici utenti. In pratica, ora le forze dell'ordine hanno in mano un lungo elenco di nomi e cognomi di chi ha avuto a che fare coi server che trasmettevano la pay-tv piratata.

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Giornalista professionista dal 2011, redattore di cronaca nera per Fanpage.it dal 2019. Precedentemente ho lavorato per i quotidiani Cronache di Napoli, Corriere del Mezzogiorno e Il Mattino.
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