Nella trasposizione televisiva del dramma di Eduardo de Filippo "Napoli Milionaria", il Maestro scrisse per Totò un personaggio meraviglioso: Pasqualino Miele, l'uomo che si affitta da vivo e da (finto) morto. A un certo punto Pasqualino è affittato da un partito politico reazionario: deve fare da controfigura ad un vero oratore che non vuole esporsi per paura di buscar mazzate.
Gli anticipano: «Non ti faranno far nulla, devi solo dire ‘amici, fratelli!' e inizierà la contestazione». Una volta in piazza a Totò-Pasqualino accade l'impensabile. I contestatori si fermano e gli intimano di parlare per capire cos'ha da dire. E lì si svela l'inganno, la propaganda senza contenuto, la disperazione del povero Pasqualino.
Magari fosse andata così con Matteo Salvini a Mondragone: una piazza attenta ad ascoltarlo e a rispondergli nel merito, rispettosa di ogni idea e impassibile ad ogni pulsione, pronta ad argomentare con dati e domande contro artifizi retorici e distorsioni logiche, senza urla. Non è andata così. Ma si sa, la vita è quella cosa che succede tra un film (o una commedia di Eduardo) e l'altro.
Dunque Salvini ha incassato contestazioni e proteste, incapaci tuttavia di zittirlo: ieri beveva caffè e si faceva selfie a ridosso di una zona rossa Covid (i palazzi ex Cirio), stamane mangiava bocconcini di mozzarella di bufala.
Ma esattamente Matteo Salvini perché è venuto a Mondragone? Per imporre un frame, una cornice narrativa della sua campagna elettorale, nella quale non si gioca solo le vittorie nelle Regioni cruciali ma la leadership della Lega Nord, offuscata da Luca Zaia. Salvini sapeva perfettamente che in un territorio martoriato dalla camorra, impaurito dal contagio Coronavirus, reso aspro dalla difficile convivenza di immigrati e italiani, uniti dalla povertà, dalla mancanza di lavoro, dallo sfruttamento e dall'assenza di servizi.
È un deserto del quale sono responsabili Vincenzo De Luca e i suoi predecessori ma pure Matteo Salvini , ex vicepremier e ministro dell'Interno. Che ci si attendeva di trovare a Mondragone, i festoni e i tappeti rossi? Siamo in campagna elettorale, siamo in una zona che è una polveriera, il politico settentrionale più divisivo d'Italia voleva rose e fiori al Sud? Beh, forse dovrebbe allora prendersela col suo personale politico locale che non gli ha indicato la possibilità di contestazioni. Esattamente Salvini che contributo ha portato a Mondragone? Che ha lasciato?
Oggi Matteo Renzi che su Napoli non si tira mai indietro, ha detto:
Impedire a Matteo Salvini di parlare è un errore per la democrazia. Noi non condividiamo ciò che dice, ma in un Paese democratico il leader del primo partito italiano ha il diritto di parlare sempre e ovunque
Renzi non ricorda che un altro leghista è venuto negli anni svariate volte nel Casertano e nonostante le contestazioni è riuscito sempre a fare quel che si prefiggeva, senza arrivare a scontri muso a muso, ribadendo il suo ruolo istituzionale: è Roberto Maroni.