
Il Teatro San Carlo potrebbe avere lo stesso colore di Palazzo Reale. Passare cioè dal bianco-grigio attuale al giallo-arancio. È questa una delle ipotesi al vaglio della Soprintendenza dei Beni Culturali di Napoli. Tre anni fa toccò al complesso regale borbonico di piazza del Plebiscito cambiare colore, passando dal rosso e bianco degli anni '90 alle tonalità attuali. Adesso, anche il Massimo Lirico napoletano, che costituisce una parte strutturale di Palazzo Reale, potrebbe rinnovare il suo look, nell'ambito dei lavori di restyling che partiranno la prossima settimana.
L'appalto è stato affidato dal Provveditorato alle Opere Pubbliche della Campania a ditte esperte: la Ger per i lavori strutturali e la società Sei1983, per gli esterni, già attiva a Roma da anni, dove si sta occupando attualmente del restyling dell'Arena del Colosseo, ma che vanta già nel suo portfolio il recupero di Palazzo Farnese, il tempio rotondo e in Francia il Louvre, il salone degli specchi di Versailles, la Cattedrale e il Grand Hotel Dieu di Lione. «Abbiamo grande fiducia negli operatori qualificati – assicura il Soprintendente ai Beni Culturali di Napoli, Luciano Garella – alcuni di loro li conosciamo da anni».
Soprintendente, il San Carlo potrebbe cambiare colore?
«Oggi si lavora per la ricerca delle soluzioni cromatiche più opportune. Ma nulla nel recente passato è stato fatto senza studiare e accertare. C’è la necessità di comprendere come il corpo di fabbrica del San Carlo parli con gran parte del Palazzo Reale. L’operazione potrà basarsi su due principi teorici fondamentali: o andare con determinate scelte cromatiche in accordo con il resto dell’edificio del complesso monumentale di Palazzo Reale, oppure eventualmente andarsi a differenziare da questo».
Quindi, non c'è ancora una decisione definitiva?
«La scelta non può essere fatta a priori. Non siamo di fronte a una attintatura, ma al restauro di un importante monumento: il tempio della musica. Soltanto l’approccio materiale al cantiere ci consentirà di capire. Bisognerà studiare le sezioni stratigrafiche delle facciate esterne, condurre studi ed esami approfonditi, prima di individuare i colori finali, che saranno scelti da un'equipe di tecnici composta da Soprintendenza, Provveditorato alle Opere Pubbliche, che coordina i lavori, ed eseguita dai restauratori. Ci sarà la massima attenzione, non solo perché il San Carlo è nel nostro cuore, ma perché i napoletani nutrono verso il Teatro una affezione vera e concreta. Dire che sia il primo, il secondo o il terzo teatro del mondo è ininfluente. Sappiamo tutti che è il primo, e deve continuare ad esserlo anche per la qualità delle manifestazioni».
In cosa consisteranno i lavori?
«Saranno rifatti gli esterni di due prospetti del teatro, quello che dà sulla Galleria Umberto I, e una parte della facciata su piazza Trieste e Trento. La consegna di questo cantiere dovrebbe consentire la conclusione del restauro di quasi tutto Palazzo Reale. Speriamo che qualcuno dopo di noi si occupi anche della facciata su via Acton».
Quando si è deciso di cambiare il colore di Palazzo Reale con gli ultimi lavori ci sono state molte polemiche, non teme possa accadere anche stavolta?
«Credo che sia giusto che ci sia un dibattito tecnico-scientifico sul restauro del San Carlo, come c'è stato per Palazzo Reale. Quando sono arrivato a Napoli, ho trovato i ponteggi già montati. Abbiamo lavorato, assieme al Provveditorato, per arrivare ad una soluzione non di fantasia, ma che muoveva dalla conoscenza della realtà, del monumento, delle tecniche, dei colori impiegati. Bisognerà fare così anche in questo caso, con la speranza di riuscire a fare qualcosa che rimanga nello spirito, ma soprattutto nel cuore della città».
Perché è stato cambiato il colore di Palazzo Reale?
«L'intervento precedente risale all'inizio degli anni '90, in previsione del G7, in piena emergenza. Era un intervento che non aveva dignità di essere conservato e nemmeno ricordato. È stato rimosso e si è deciso di ripristinare non le cromie originali dei primissimi anni del Seicento, perché sarebbe stato molto complicato per la città comprendere le scelte fatte da Domenico Fontana, ma quelle degli anni '30-'40 del Settecento, diventate la livrea consuetudinaria del Palazzo Reale per la città».
I lavori sul San Carlo non sono l'unico intervento in atto in piazza del Plebiscito. Entro l'estate il Comune ha annunciato l'apertura al pubblico dell'ipogeo. C'è un'idea complessiva di come deve essere la piazza?
«I vincoli sono uno degli elementi che concorrono alla definizione dell’uso della piazza. Io sconsiglierei, però, di considerarla così com’è. Ossia uno spazio talmente ampio che suscita un sentimento di pathos, quasi di agorafobia. Credo che la piazza vada usata per le manifestazioni di eccellenza, come quando sono stati installati i pianoforti sotto i porticati. Niente caffè chantant, baretti, pizza al taglio o ambulanti di qualunque genere, insomma, ma cose che portino all’eccellenza».
Da poco sono stati smontati anche i ponteggi per i lavori sulla facciata esterna della Galleria Umberto I, lato angiporto. Cosa ne pensa?
«Abbiamo prescritto anche per questo secondo lotto di lavori gli stessi colori e finiture adottati per il cantiere seguito dalla Società Immobiliare della Banca d'Italia. Se non fossimo intervenuti con le indicazioni attente e scientifiche, probabilmente ogni condominio avrebbe continuato a fare quello che riteneva più opportuno. Avremmo avuto una gamma di gialli o giallini e bianchi che avrebbe portato a delle condizioni di assoluta impercettibilità dell’unitarietà dell’opera. Questo non era sopportabile, abbiamo fatto una scelta, la stiamo portando avanti e siamo convinti di aver fatto bene».
Intanto, i lavori sul cantiere Unesco dei Tribunali, in zona San Giuseppe dei Ruffi sono fermi, per dei ritrovamenti archeologici. L'ipotesi che circola è che potrebbe trattarsi dell'antica pavimentazione greca di Neapolis. Un ritrovamento importante?
«Su questo non mi esprimo, sono ancora in corso approfondimenti, e ogni giudizio sarebbe prematuro. Certamente, se fosse confermato, si potrebbe capire la quota che potevano avere queste strade e quindi di conseguenza gli elevati. Ma Napoli è un cantiere davvero straordinario dal punto di vista archeologico. I lavori della metropolitana, ad esempio, hanno fatto emergere grandi tesori, come in piazza Municipio. Abbiamo capito qual era la linea di costa in età greco-romana e sono state recuperate importanti imbarcazioni. Si tratta di alcune delle più importanti scoperte al mondo degli ultimi decenni».
